Alla caserma Levante di Piacenza la legge veniva violata sistematicamente da un gruppo di carabinieri infedeli: arriva dalla Cassazione la conferma, seppure con qualche limatura che sarà rivaluta in un nuovo processo di appello, del’impianto accusatorio delineato dalla Procura della Repubblica di Piacenza nei processi che seguirono gli arresti che, nell’estate 2020, con l’accusa inedita di tortura — confermata — squarciarono il velo sulle violenze e sui soprusi commessi da un piccolo gruppo di militari.
La condanna più pesante resta quella per l’ex appuntato Giuseppe Montella che, ora, diventa definitiva a 9 anni, 8 mesi e 20 giorni di carcere, pena ridotta di appena 40 giorni rispetto ai 10 anni dell’appello.
Torna in appello a Bologna, invece, il processo al maresciallo Marco Orlano per la riformulazione della condanna dopo l’annullamento di alcuni capi di imputazione che avevano portato la pena a 8 anni e 20 giorni.
Nuovo passaggio in appello anche per altri tre imputati, sempre perché la Cassazione, pur confermando nella sostanza la linea investigativa, ha annullato alcune ipotesi d’accusa ed è necessario che vengano delineate le pene finali.
L’inchiesta del procuratore capo Grazia Pradella e dei sostituti Matteo Centini e Antonio Colonna si concluse con gli arresti e con il primo sequestro di una caserma mai avvenuto in Italia.
Per l’accusa, erano stati documentati arresti illegali, falsi negli atti e violenze talmente gravi su persone fermate da configurare il reato di tortura che, come detto, è stato confermato in Cassazione.
Il maresciallo Montella era il punto di riferimento dei suoi complici che, secondo l’accusa, quando arrestavano piccoli spacciatori si appropriavano della droga: la sequestravano per rimetterla poi nel mercato illegale anche cedendola ai pusher che diventavano così loro informatori, spesso dopo essere stati costretti a farlo con la violenza. Il sistema consentiva al gruppo di arrestare altre persone.
In questo modo, i carabinieri guadagnavano anche la fiducia dei superiori convinti che i risultati fossero il frutto della loro abilità investigativa.corriere.it