Violenza di gruppo a Catania su una 13enne, i fermati hanno tra i 15 e i 19 anni: la vittima ha riconosciuto due del branco

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L’accerchiamento durante una tranquilla passeggiata, poi la violenza, sotto gli occhi dello stesso fidanzato, tenuto fermo da cinque coetanei, e le parole di supplica, tentando di dissuadere il branco dal compiere lo stupro.

Catania è ancora sotto choc dopo la notizia della violenza subita da una 13enne nei bagni pubblici del principale giardino della città, quello di Villa Bellini, la sera di martedì 30 gennaio, mentre era insieme al fidanzatino 17enne.

Entro 48 ore si svolgerà l’udienza di convalida dei fermi dei sette giovani accusati di violenza sessuale di gruppo: hanno tra i 15 e i 19 anni, tre sono minorenni e quattro maggiorenni.

Tutti sono di origini egiziane e, come specificato dai magistrati che seguono il caso, “si trovavano sul territorio nazionale poiché entrati in Italia da minorenni“.

La procura catanese con il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e il sostituto Anna Trinchillo, ha emesso i decreti di fermo per i 4 maggiorenni del gruppo mentre sui tre minori è intervenuta la procura dei minorenni diretta dalla procuratrice Carla Santocono. Gli indagati, riporta La Repubblica, erano ospiti di una comunità da circa un anno.

È stata la stessa 13enne, insieme al fidanzato di 17 anni, a contribuire all’identificazione dei sospettati. La vittima ha identificato i due minorenni autori dello stupro: il riconoscimento è avvenuto durante un confronto all’americana con i sette componenti del branco.

La ragazza non è riuscita a identificare gli altri cinque del gruppo, affermando di non averli visti in viso e di non voler accusare gli innocenti. A contribuire all’identificazione è stato invece il fidanzato della 13enne, tenuto fermo dai cinque e costretto ad assistere mentre gli altri due violentavano la ragazza, e uno degli indagati, ora ai domiciliari, che ha collaborato con gli inquirenti.

Le indagini, condotte dai carabinieri del nucleo investigativo di Catania, si sono avvalse anche di rilievi scientifici: le analisi sugli indumenti della vittima hanno permesso di identificare, tramite il Dna, le tracce biologiche di uno dei minori arrestati, mentre si attende ancora l’esito della comparazione su un altro degli arrestati.

Il racconto della vittima – “Passeggiavamo tranquilli nella villa quando ci hanno accerchiati. Prima hanno iniziato a toccarmi, io gli dicevo di lasciarmi stare, anche il mio fidanzato che ha 17 anni gliel’ha detto non so quante volte. Allora abbiamo provato ad allontanarci, ma quelli ci hanno afferrato”, ha raccontato la 13enne in caserma poche ore dopo il fatto, secondo quanto riporta La Repubblica. “Due hanno afferrato me, altri hanno preso il mio ragazzo.

E ci hanno portati nei bagni della villa. È stato un incubo, non c’era nessuno a quell’ora”. Secondo il racconto della vittima, appunto, mentre due la violentavano gli altri cinque guardavano, tenendo fermo il fidanzatino e costringendo anche lui a guardare. Poi i due ragazzi sono riusciti a divincolarsi e a scappare: arrivati in via Etnea, una delle vie principali di Catania, hanno chiesto aiuti. “Alcuni passanti ci hanno soccorso e hanno telefonato al 112”, ha raccontato il 17enne.

Parlando con Repubblica il magistrato che ha coordinato l’inchiesta, Sebastiano Ardita, ha sottolineato: “La normativa sul codice rosso è all’avanguardia, ma bisognerebbe snellirla di quegli adempimenti burocratici che finiscono per uniformare tutte le denunce”. Adempimenti burocratici, ha evidenziato, “che poi finiscono per rallentare le indagini”. Ilfattoquotidiano.it

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