Sull’orlo della crisi nucleare mondiale, Kiev e Mosca decidono di trattare. Mentre l’Ucraina resta assediata dalle forze nemiche, con la capitale sotto le bombe e la battaglia che infuria a Kharkiv, la porta dell’est, Vladimir Putin mette in stato d’allerta il sistema difensivo atomico della Russia, spingendo le delegazioni a incontrarsi lunedì sulle sponde del fiume Pripyat, alle porte della Bielorussia.
Un terreno di confine preteso dal governo di Volodymyr Zelensky per motivi politici e di sicurezza, dopo che Alexander Lukashenko aveva permesso l’invasione anche dal suo territorio.
La drammatica accelerazione di Mosca, con l’evocazione dello spettro nucleare, segna una nuova fase nella strategia del conflitto, con un fronte allargato come mai prima d’ora. Riuniti i vertici militari, il presidente russo ha scandito l’annuncio che rischia di far ripiombare il mondo nell’incubo della guerra atomica.
“Ordino al ministro della Difesa e al capo di stato maggiore di mettere in allerta speciale le forze di deterrenza dell’esercito russo, in risposta alle dichiarazioni aggressive dell’Occidente”, ha disposto Putin. Parole che d’un colpo esasperano la dimensione della crisi.
Per il Pentagono, si tratta di “un’escalation” che rischia di sfociare in un errore di calcolo e può rendere “le cose molto più pericolose”. Ma gli Stati Uniti hanno “fiducia nel fatto che possono difendersi e difendere gli alleati”. Sulla reale entità della minaccia, la Difesa americana non si sbilancia, mentre Berlino parla di una mossa dettata dalla frustrazione per la frenata dell’offensiva. Anche il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha condannato la “retorica aggressiva”, mentre il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha convocato una nuova riunione d’urgenza lunedì.
Le trattative per un cessate il fuoco si annunciano quindi in salita ma quanto mai urgenti. Un colloquio “senza precondizioni”, ha assicurato Zelensky, che non nasconde le difficoltà. “Non credo molto all’esito di questo incontro, ma proviamoci”, ha avvertito il presidente diventato il simbolo della resistenza ucraina, che da Minsk ha incassato la promessa di una tregua nella zona dei colloqui.
L’ok di Kiev ai negoziati è giunto sul filo del gong dell’ultimatum dato da Mosca, mentre il suo ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ha giudicato l’allerta nucleare come un modo per “mettere pressioni”.
Ad indurre alle trattative è anche il martellamento costante dei bombardamenti. Mentre Mosca ha fatto entrare nel Paese altri carri armati e lanciarazzi, pesanti esplosioni si sono udite per tutta la giornata a Kiev, dove al calare della notte le sirene degli allarmi antiaerei hanno ripreso a suonare a ripetizione, facendo correre la popolazione nella metropolitana-bunker e negli altri rifugi.
Zelensky ha rinnovato l’accusa di raid contro le abitazioni, ma anche i russi non risparmiano denunce di guerra sporca, accusando le truppe ucraine di torturare “i pochi militari russi catturati” e “fare un uso massiccio di munizioni caricate con il fosforo alla periferia di Kiev”.
Sotto assedio ci sono numerosi centri, da Kherson a Berdyansk fino a Mariupol, lungo la fascia a nord della Crimea sul mar d’Azov. In queste ore la battaglia infuria soprattutto a Kharkiv, vicino al confine russo a nord del Donbass, dove intanto le milizie separatiste continuano la loro avanzata.
Dopo una notte di scontri, l’esercito ucraino ha rivendicato di aver ripreso il controllo della città, ma i combattimenti non si fermano e i danni sono pesanti, con l’esplosione anche di un gasdotto.
Il bilancio dell’Onu parla di almeno 64 civili uccisi e oltre 170 feriti dall’inizio dell’invasione, con centinaia di case, ponti e strade distrutti, mentre anche le agenzie delle Nazioni Unite e i loro partner umanitari hanno sospeso le operazioni in Ucraina.
Ma per il governo di Kiev i civili morti sono almeno 210 e i feriti più di 1.100. Sempre più forte è anche l’allarme rifugiati, con “almeno 400mila ucraini entrati nell’Ue” e il rischio di oltre 7 milioni di sfollati se la guerra continuerà. Più gonfia i muscoli, più la Russia rimane isolata.
Uno dopo l’altro, i Paesi occidentali – tra cui tutta l’Ue – hanno annunciato la chiusura dello spazio aereo alle compagnie di Mosca. Un bando che non risparmia i jet privati degli oligarchi, mentre si valuta anche lo stop alle navi commerciali.
Prosegue anche la sfilza di sanzioni, che secondo Lukashenko sono “peggio della guerra” e spingono Putin “verso una Terza guerra mondiale”.
Ma l’Europa ha ormai saltato il fosso anche sugli aiuti militari a Kiev e la premier danese Mette Frederiksen ha espresso il suo appoggio ai volontari che vogliano unirsi alle brigate internazionali al fianco degli ucraini. Un annuncio storico arriva anche dalla Svezia, che inviando 5 mila lanciarazzi anticarro cancella la dottrina che escludeva la consegna di armi a Stati impegnati in un conflitto: una scelta che non faceva dal 1939.