Il taser è un dispositivo classificato come “arma non letale” e mai come negli ultimi mesi è stato richiesto da alcuni sindacati di polizia e da politici. In Trentino se ne era parlato a lungo dopo la tragedia di Pilcante, frazione di Ala, dove il 44enne Matteo Tenni è morto a causa di un colpo di pistola partito dall’arma di un carabiniere. La vicenda era nata da un un “alt” da parte delle forze dell’ordine non rispettato da parte del 44enne, proseguito con un inseguimento, terminato davanti a casa di Tenni dove, l’uomo ha impuganto un’accetta in garage per poi tornare dai militari dell’Arma. Nelle ore immediatamente successive alla tragedia di Pilcante, Fabio Conestà, segretario generale del Mosap (Movimento Sindacale Autonomo di Polizia) aveva riportato alla luce la questione del taser. Nella nota divulgata alla stampa il 9 aprile, Contestà afferma: «Quanti altri morti e processi per atto dovuto, prima di dotare di taser le forze dell’ordine? Perché dobbiamo puntualmente leggere di tragedie che potevano tranquillamente essere evitate? Ancora una volta ci ritroviamo a piangere sul lato versato e un collega subirà conseguenze solo per aver difeso se stesso e chi era con lui».
Anche i consiglieri della Lega Bruna Giuliani, Alessandro Saltori, Giuseppe Filippin, tornarono sulla questione, presentando una proposta di mozione dove impegnavano il sindaco Franco Ianeselli a «predisporre l’utilizzo del taser per la polizia Locale di Trento, prevedendo, se necessario, una integrazione del regolamento di polizia Locale, tramite le commissioni competente». Oltre a predisporre i corsi formativi relativi all’utilizzo del taser. Nel documento, inoltre, i consiglieri leghisti ricordavano anche la precedente proposta avanzata, nel 2018 al precedente sindaco Alessandro Andreatta, sempre dal gruppo della Lege, con la quale avevano impegnato l’ex primo cittadino Andreatta a «sollecitare l’introduzione dell’utilizzo del taser per le forze dell’ordine anche a Trento, come già in altre città italiane, come indicato dal Ministero dell’Interno» chiedendone, contestualmente, anche corsi e introduzione all’utilizzo dell’arma di difesa.
A fine maggio, però, un altro evento tra forze dell’ordine e civili ha scosso l’opinione pubblica. Questa volta è avvenuto a Bologna. Come riporta Today, due agenti di polizia sono stati aggrediti durante un controllo in un negozio e finiti in ospedale entrambi dopo aver riportato ferite al volto. Niente di grave, ma si sarebbe trattato del secondo episodio nel giro di 24 ore. Tanto è bastato per riaccendere la polemica sulla necessità di dotare di taser i poliziotti. Lo ha chiesto quindi il sindacato Sap che, tramite il segretario provinciale bolognese Tonino Guglielmi che ha spiegato come «ancora una volta, questi feriti si potevano e si dovevano evitare, bastava il Taser. Invece per motivi prettamente ideologici, alle forze di polizia viene impedito l’utilizzo del fondamentale strumento di non violenza che potrebbero, o meglio dovrebbero, avere già in dotazione da tempo. Non si può pensare che si possa continuare a ignorare le reali necessità di una polizia moderna e democratica, che si vuole sempre più umana e vicina alle persone, che deve però essere dotata di adeguati strumenti per poter reagire alle aggressioni sia nella tutela dei poliziotti che nel rispetto delle persone, come già accade nelle polizie democratiche in tutto il mondo».
Sul fatto è intervenuta anche la presidente dei senatori di Forza Italia Anna Maria Bernini, la quale sostiene che «i nostri centri urbani non sono più isole felici, e questo ormai da molti anni: occorre una presa di coscienza univoca da parte di tutte le forze politiche, che consenta di porre in essere azioni risolutive. Non si può più pensare, in un contesto socio-economico profondamente mutato, di poter gestire la sicurezza delle città con gli stessi organici e gli stessi equipaggiamenti di venti o trenta anni fa. Da tempo Forza Italia invoca una riforma complessiva e un potenziamento degli organici delle forze dell’ordine, unitamente a un equipaggiamento adeguato per i nostri uomini in divisa che si trovano a svolgere, giorno dopo giorno, un lavoro sempre più difficile e pericoloso».
Ma perché i poliziotti non possono avere il taser? Dopo la sperimentazione avvenuta in dodici città italiane, tra settembre 2018 e giugno 2019, il Consiglio dei ministri aveva approvato in esame preliminare un regolamento che modifica le norme sui criteri per la determinazione di armamento e munizioni, «nell’ottica di un generale ammodernamento adeguato alle esigenze operative attuali», come si leggeva sul sito del Viminale). Il testo avrebbe dovuto superare il vaglio del Consiglio di Stato per poi tornare in Cdm per l’approvazione definitiva, ma se ne sono perse le tracce. Poi a febbraio scorso, il Ministero dell’Interno pubblica una nota in cui fa sapere che “che sono in corso le procedure di gara per l’acquisizione dell’arma ad impulsi elettrici (taser) per le esigenze delle Forze di polizia. È volontà dell’amministrazione della Pubblica sicurezza portare a conclusione la procedura non appena sarà verificata la rispondenza degli apparecchi ai requisiti tecnici richiesti”. Dunque mancherebbe poco perché la polizia di stato possa avere un’arma in più per difendersi.
Si era pensato anche a dotarne gli agenti di polizia locale. Cosa che si potrebbe fare nelle città di oltre 100mila abitanti. Ma ci sono stati diversi comuni che comunque hanno detto “no”, fra cui Roma e Milano. Hanno invece acconsentito Venezia e Udine. È una sperimentazione. A Venezia gli agenti che utilizzeranno il taser vestiranno delle videocamere che si attivano automaticamente quando l’arma viene estratta dalla fondina. Prima di essere autorizzati, gli agenti candidati dovranno fare un corso di formazione speciale. Un passo in avanti anche a livello locale, che per qualcuno è l’inizio, prima che Venezia e Udine vengano imitate da altre città.
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