Prima del pagamento delle prossime tredicesime, i dipendenti pubblici riceveranno nelle loro buste paga un anticipo “una tantum” dei prossimi aumenti contrattuali. Ma per circa 150 mila di loro, quanti andranno in pensione secondo le stime il prossimo anno, si porrà il problema della restituzione dei soldi incassati prima di Natale.
Nelle prossime settimane, probabilmente con un cedolino ad hoc, i dipendenti dello Stato riceveranno come detto un anticipo dei 7,3 miliardi che il governo ha stanziato per il rinnovo dei contratti pubblici. Sono due i miliardi che saranno pagati immediatamente.
Gli statali, dai medici ai professori, dai poliziotti fino ai funzionari ministeriali, si vedranno versare importi che vanno da 600 fino a 2mila euro a seconda dell’inquadramento professionale. Questi soldi sono l’anticipo, tutto in una volta, delle quote mensili dell’indennità di vacanza contrattuale maggiorata (di 6,7 volte secondo quanto disposto dal decreto anticipi appena trasmesso in Parlamento), che i dipendenti pubblici avrebbero dovuto incassare nel 2024.
Il meccanismo
Per essere ancora più chiari, prendiamo un dipendente che il prossimo anno avrebbe dovuto ricevere 50 euro al mese della nuova indennità di vacanza contrattuale da gennaio a dicembre (più la tredicesima). Ebbene, con l’anticipo i 650 euro gli saranno versati tutti quest’anno prima di Natale. Ma cosa accade se quello stesso dipendente, per esempio, andasse in pensione supponiamo a febbraio. Ebbene, siccome si tratta di un anticipo, dovrebbe restituire la quota parte della una tantum dal momento del pensionamento in poi.
Si tratta soltanto di uno dei nodi della misura del governo. Fermo restando lo stanziamento assolutamente rilevante per il rinnovo dei contratti, 7,3 miliardi, il pagamento dell’anticipo creerà anche un altro effetto sulle buste paga dei dipendenti statali a partire dal prossimo mese di gennaio, il cui netto finale rischia di essere più basso. Come mai? Perché nel 2024 verrà meno il bonus dell’1,5 per cento per gli statali, finanziato solo per il 2023 e non rinnovato.
Gli importi
Si tratta di importi che variano da circa 23 euro a poco meno di 70 euro mensili sempre a seconda degli inquadramenti professionali. In realtà queste somme, almeno per i redditi fino a 50 mila euro, potrebbero essere in parte compensate dalla riduzione dell’Irpef (l’accorpamento delle prime due aliquote previsto dal primo modulo della riforma fiscale). Ma si tratterebbe soltanto di un effetto “ottico”.
Ci sono poi altre due questioni che tengono banco in queste ore all’interno del comparto del Pubblico impiego. La prima è se una parte dell’indennità di vacanza contrattuale, quello 0,5 per cento in vigore prima del decreto “anticipi”, sarà pagato anche nel 2024. E su questo una risposta definitiva ancora non c’è.
Il passaggio
La seconda questione riguarda il pagamento della una tantum prima di Natale anche ai dipendenti di Comuni e Regioni. Si tratta di poco meno di 500 mila lavoratori che si trovano nel comparto delle funzioni locali. Il governo ha stanziato 5 miliardi per i dipendenti dello Stato e 2,3 miliardi per medici e infermieri. Comuni e Regioni, invece, dovranno trovare all’interno dei loro bilanci le risorse necessarie a garantire, se vogliono, la una tantum.
Difficile, se non impossibile, che riescano a farlo in soli due mesi e con i bilanci da chiudere. Più probabile insomma che per i dipendenti comunali e regionali si arrivi al pagamento mese per mese dell’indennità di vacanza contrattuale maggiorata a partire dal prossimo mese di gennaio.
Tutto questo comunque in attesa che il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo invii all’Aran la direttiva “madre” che darà l’avvio alle trattative con i sindacati per i rinnovi contrattuali. I tavoli, secondo quanto riferito dallo stesso Zangrillo, dovrebbero essere convocati a partire da gennaio.