Nel profilo Facebook del capitano Alessio Ghersi ci sono le immagini in famiglia, con la moglie e i suoi due bambini, e le sue passioni, le Harley Davidson, la chitarra, le escursioni con il cane.
Momenti di felicità che si sono spezzati sabato pomeriggio quando l’ultraleggerosu cui volava è precipitato sulla catena dei Musi, area Valli del Torre, nel comune di Lusevera, in Friuli, uccidendo lui e un altro passeggero, Sante Ciaccia.
Il capitano Ghersi, 34 anni, originario di Domodossola, erano uno dei dieci piloti delle Frecce Tricolori. Era «Pony 5», ovvero occupava la posizione di secondo gregario destro nella Pattuglia acrobatica.
Un passione per il volo iniziata sin da bambino, «quando sentivo il rumore dei piccoli velivoli decollati dalla vicino avio superficie di Masera, mi affacciavo alla finestra per osservarli» come raccontò nel 2019 al bisettimanale Eco Risveglio.
Il diploma allo Scientifico e poi la scelta di entrare in Aeronautica, curiosamente grazie anche a un rivenditore di aspirapolveri. «L’episodio che ha innescato il mio desiderio di tentare il concorso in Accademia — aggiunse nell’intervista — fu quando venne a casa un rappresentante di una nota marca di aspirapolveri.
Saputo che mi piacevano gli aerei mi regalò la foto di un Tornado dell’Aeronautica Militare. Ancora oggi, a distanza di anni, quella foto è appesa in quella che fu la mia cameretta a casa dei miei genitori».
Entra così in Aeronautica Militare nel 2007 frequentando il Corso Ibis V dell’Accademia. Dopo le scuole di volo era stato assegnato al 4° Stormo di Grosseto, dove aveva conseguito la qualifica di pilota combat ready sul velivolo Eurofighter, «svolgendo attività di difesa aerea sia in ambito nazionale sia in missioni Nato» come ha chiarito in una nota l’Aeronautica.
Poi era stato selezionato per le Frecce Tricolori, e quest’anno avrebbe preso parte alla sua quinta stagione con la Pattuglia Acrobatica Nazionale.
Con orgoglio raccontava il suo impegno con la Pattuglia acrobatica: «Il nostro compito è quello di essere da esempio di tutto il saper fare degli uomini e delle donne dell’Aeronautica Militare e in generale di tutte le forze armate.
E quando ci esibiamo all’estero mostrare il Made in Italy, il bello che il nostro Paese sa ancora esprimere». Spiegava che, al di là delle difficoltà tecniche e delle manovre (lui per esempio preferiva la «Scintilla Tricolore»), «il bello delle Frecce Tricolori è lo stretto legame con la gente: è davvero impareggiabile il calore e la vicinanza che il pubblico ci dimostra in ogni occasione».
Poche settimane fa aveva incontrato gli studenti del quinto anno di un liceo della sua città Domodossola. Ghersi li aveva spronati «a seguire i propri sogni con concretezza, sapendo cogliere vittorie e sconfitte». Corriere.it