Spinelli fumati davanti a un carabiniere: il militare sospeso dal servizio. «Situazione sospetta, doveva accertare la natura della sostanza»

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Non solo un carabiniere non deve acquistare o consumare sostanze stupefacenti, ma non può neppure ignorare l’assunzione di droghe da parte di persone con cui si trova in un momento privato di relax.

È il principio stabilito dal Tar nella sentenza con cui è stato respinto il ricorso di un sottufficiale in servizio nella Compagnia carabinieri Setaf di stanza a Camp Darby.

Il verdetto conferma la consegna di rigore di tre giorni inflitti dal comando generale dell’Arma. Contro il provvedimento disciplinare il militare aveva fatto ricorso, ma il Tribunale amministrativo regionale lo ha respinto.La storia inizia con un controllo di routine per ragioni di servizio.

Il carabiniere risulta positivo ai “cannabinoidi” e subisce un procedimento disciplinare «per consumo di sostanza stupefacente e connesso sospetto di frequentazione di ambienti malavitosi». Nel corso del confronto il carabiniere riesce a convincere chi indaga che la positività alla cannabis non era dovuta a una consumazione diretta, ma solo per «inalazione passiva involontaria».

Resta un altro aspetto che chi porta una divisa non deve dimenticare, né trattare con leggerezza. «Non aver proceduto ai dovuti controlli allorché, come da egli stesso ammesso, a casa di conoscenti in sua presenza altri soggetti avevano fumato sostanze sospette» era la contestazione del comando ritenuta corretta dal Tar quando si è trasformata in tre giorni di consegna.

Il comando generale dell’Arma non aveva «stigmatizzato l’assunzione di sostanze stupefacenti, convenendo sul fatto che il militare non ne avesse fatto uso, ma l’inadeguatezza della sua condotta di attiguità passiva a soggetti che avevano preparato e poi fumato in sua presenza sigarette di cannabis».

E i giudici rimarcano che «chi appartiene all’Arma dei carabinieri non deve solamente astenersi dall’acquistare e consumare sostanze stupefacenti illegali ma non può nemmeno venirsi a trovare in situazione di volontaria promiscuità con soggetti che ne fanno uso anche occasionale».Il sottufficiale si era in parte giustificato sostenendo che la sostanza consumata fosse la cosiddetta “cannabis lighit”, oggi legalizzata e acquistabile nei negozi specializzati.

Un elemento che «non è stato affatto dimostrato, né in sede procedimentale, né in sede processuale rimanendo tale affermazione sul piano delle mere allegazioni a discolpa rimaste prive di riscontro».

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Sul punto il Tar aggiunge che «la certezza che si trattasse di cannabis light costituisce un assunto apodittico che l’Amministrazione (comando generale dell’Arma, ndr) ha giustamente disatteso affermando che sarebbe stato dovere del militare controllare, di fronte a una situazione a dir poco sospetta, di che natura fosse la sostanza consumata in sua presenza». Un comportamento, quello del carabiniere, che in astratto poteva assumere rilevo penale sotto il profilo del reato di omissione di atti d’ufficio. L’Arma ha optato per «la più benevola qualificazione di inadeguatezza» del militare passivo nel respirare il “fumo”, ma anche nell’impedire che altri si facessero uno spinello davanti a lui.

fonte: iltirreno.it

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