Spari contro peschereccio italiano da una motovedetta libica: interviene la Marina Militare

Marina Militare Grecale
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In anteprima riportiamo l’attacco di una motovedetta libica, che avrebbe sparato alcuni colpi d’arma da fuoco di avvertimento verso il peschereccio «Salvatore Mercurio», che si trovava in acque internazionali a nord di Bengasi assieme al «Luigi Primo».

I colpi non hanno provocato danni alle imbarcazioni né feriti. In zona è intervenuta la fregata Grecale della Marina Militare che ha invitato la motovedetta ad allontanarsi, mentre un team sanitario e uomini del San Marco sono saliti a bordo dei pescherecci per garantire la sicurezza.

Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini è stato costantemente informato della situazione.

L’episodio, spiega una nota della la Marina, si è verificato nella sera di ieri: i due pescherecci sono stati avvicinati da una motovedetta libica perché avrebbero violato le zone di pesca del paese nordafricano. Secondo il racconto di chi era a bordo del «Salvatore Mercurio» i libici avrebbero anche sparato una serie di colpi di avvertimento, senza però provocare danni.

Da bordo dei pescherecci, che si trovavano in acque internazionali a nord di Bengasi, è partita la richiesta d’intervento, ricevuta da nave Grecale della Marina che è impegnata in una serie di attività operative nell’area centromeridionale del Mediterraneo. Mentre si dirigeva nel punto dove si trovavano i pescherecci, dalla fregata hanno contattato via radio la motovedetta libica comunicando che i pescherecci si trovavano fuori dai limiti della Zona di protezione della pesca (Zpp) dichiarata dalla Libia e dunque invitandola a desistere dall’azione in corso.

La «Salvatore Mercurio» fa parte della marineria di Mazara del Vallo, una delle poche che non sta aderendo all’agitazione dei pescherecci che va avanti da una decina di giorni.

Episodi di questo genere non sono nuovi: il più drammatico risale al settembre del 2020, quando i libici sequestrarono due imbarcazioni di Mazara, la «Medinea» e l’«Antartide» e trattennero a Bengasi tutti gli uomini degli equipaggi (18 persone in tutto): fu necessaria una trasferta lampo a Bengasi dell’allora premier Conte per ottenerne la liberazione, avvenuta a tre mesi dalla cattura.

Fin dai tempi di Gheddafi la Libia rivendica l’intero golfo della Sirte come suo territorio esclusivo, posizione da sempre contestata dall’Unione Europea. La situazione è complicata ulteriormente dal fatto che in genere queste azioni sono compiute dalle milizie di Khalifa Haftar, il «signore di Bengasi», la cui autorità non è riconosciuta a livello internazionale.

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