La Corte di Cassazione ha posto la parola fine alla vicenda relativa allo spaccio di droga nella caserma dell’VIII Brigata Garibaldi dei bersaglieri dell’Esercito Italiano a Caserta: i giudici hanno confermato le condanne per un caporalmaggiore L. S., condannato a 5 anni e 2 mesi di reclusione (più 30mila euro di multa) e per la sua compagna, la soldatessa R. R., condannata a 3 anni e 6 mesi (più una multa da 20mila euro); per lei, però, la Cassazione ha aperto alla possibilità che la sua condanna possa essere ridotta in una sorta di “appello bis”, dal momento che potrebbe esserle riconosciuta l’attenuante dello spaccio di “lieve entità”.
Oltre allo spaccio di sostanze stupefacenti ai commilitoni (dentro e fuori la caserma), ai due militari dell’Esercito Italiano sono stati contestati anche episodi di tangenti pagate in cocaina ai commilitoni sanitari incaricati di effettuare i test anti-droga.
La vicenda della “piazza di spaccio” messa in piedi nella caserma dell’VIII Brigata Garibaldi a Caserta era venuta alla luce nel 2016, quando i carabinieri, su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere, avevano arrestato i militari dell’Esercito, ricostruendo quanto accaduto: secondo gli inquirenti, il caporalmaggiore e la compagna, militare in ferma provvisoria per quattro anni, avevano messo in piedi lo spaccio di droga ai commilitoni, acquistando la droga a Caivano (Napoli) e Maddaloni (Caserta). Come già detto anche in precedenza, inoltre, i due alteravano i drug test, pagando ai militari sanitari tangenti in cocaina.
Condannati in primo grado dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e in secondo dalla Corte d’Appello di Napoli, ora le sentenze sono state confermate anche dalla Cassazione.