Dopo sei mesi, c’è la svolta. I carabinieri hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare a carico di un uomo di 70 anni accusato dell’omicidio di Silvano Nestola, l’ex maresciallo dei carabinieri assassinato a colpi di fucile il 3 maggio scorso davanti all’abitazione di sua sorella alla periferia di Copertino (Lecce). Il presunto killer, Michele Aportone, padre della ex della vittima, è originario di San Donaci (Brindisi) ed è accusato di omicidio premeditato. Con lui è indagata la moglie di 62 anni.
Omicidio Silvano Nestola: arrestato Michele Aportone
Il carabiniere in quiescenza di Copertino era stato ucciso la sera del 3 maggio scorso, poco prima delle 22, in contrada Tarantino, zona di campagna non lontano da San Pietro in Lama, vicino alla casa della sorella. Nestola, 46 anni, si era fermato lì a cena insieme con il figlio di 10 anni. Dopo cena, mentre stava per raggiungere la sua Toyota Yaris, era rimasto vittima di un agguato mortale. Il figlio era rimasto indietro: si era ritrovato solo davanti al suo killer, in strada, fuori dal cancello.
Le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo si erano indirizzate subito verso una famiglia originaria di San Donaci. Nestola, che era separato, conosceva e aveva frequentato una donna che risiede nel comune in provincia di Brindisi. E, dopo il primo sequestro di due fucili da caccia da inviare al Ris di Roma per le analisi (la sera dell’omicidio, l’ex militare è stato colpito tre volte da un’arma calibro 12, da cui sono stati esplosi almeno quattro colpi), proprio i genitori della donna, 70 e 62 anni, a maggio erano stati formlmente iscritti nel registro degli indagati per omicidio premeditato in concorso.
I carabinieri del Comando provinciale hanno esaminato le immagini di un sistema di videosorveglianza installato in una zona non distante dall’area sosta camper ‘Santa Chiara’ (di cui Michele Aportone è titolare) che lo hanno ripreso quando a bordo del suo Fiat Ducato alle ore 19.30 circa del 3 maggio è uscito, ritengono gli investigatori, per raggiungere l’abitazione di Copertino della sorella di Nestola. Le immagini lo hanno ripreso anche al rientro in quella stessa area camper alle 22.30 circa, evidentemente dopo aver consumato l’omicidio.
Il tragitto però Michele Aportone non l’avrebbe compiuto interamente a bordo del furgone. Infatti le risultanze investigative avrebbero evidenziato come ad un certo punto, dopo aver lasciato il furgone nei pressi di una carrozzeria di Leverano, il 70enne avrebbe continuato il percorso a bordo di un motorino che presumibilmente aveva in precedenza caricato sullo stesso furgone. Questo ciclomotore è stato rinvenuto bruciato, nel corso delle indagini, proprio nei pressi dell’area camper gestita da Aportone, il quale si sarebbe preoccupato di distruggerlo incendiandolo al fine di scongiurare la scoperta di tracce della sua colpevolezza.
Il movente
L’arma usata, un fucile da caccia, non è mai stata ritrovata. C’è voluto tempo per raccogliere tutte le prove e trovare una chiave di lettura per definire lo scenario, ma alla fine i carabinieri del Reparto operativo del comando provinciale di Lecce e del Raggruppamento operativo speciale sono riusciti a inchiodare Michele Aportone. La chiave di lettura l’hanno trovata scavando nella vita privata di Nestola. Scoprendo che Aportone e la moglie Rossella Manieri “erano animati da una forma ossessiva di controllo nei confronti della figlia Elisabetta, che da qualche tempo aveva intrapreso una relazione sentimentale proprio con Nestola. Separati, sia la giovane donna, sia il maresciallo in quiescenza. dai rispettivi consorti, i genitori di Elisabetta Aportone avevano maturato nel tempo un astio insanabile verso Nestola. Lo ritenevano causa della separazione della figlia dal marito”.
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