Il fenomeno delle violenze a Milano è reale, concreto e tangibile. Nei cittadini sta montando un senso assoluto di insicurezza, frutto anche delle politiche di accoglienza inesistenti da parte di Palazzo Marino, che hanno permesso l’ingresso in città di frotte di stranieri irregolari, senza documenti e senza fissa dimora. Persone che si sottraggono a qualunque forma di controllo e di legge, che si sentono impunibili dal sistema italiano. La rabbia è tanta, non solo da parte dei cittadini, costretti a subire le angherie dei criminali, ma anche delle forze dell’ordine, che si sentono impotenti perché privati della loro capacità d’azione.
“Le forze dell’ordine, a partire dalla mia amata polizia, da tempo sono state disarmate. Non parlo della pistola d’ordinanza, seguita dallo spray al ‘peperoncino’, seguita dal taser, ma di un problema ben più grande che si riassume in poche semplici parole: ‘certezza della pena‘”, spiega Pasquale Griesi, segretario regionale del sindacato Fsp. Nelle sue parole è riassunto il paradosso del nostro Paese: “Spesso capita che i delinquenti, o chiunque sia propenso al crimine, un tempo fuggiva dalla polizia per evitare la tanto da noi richiesta certezza della pena. Al contrario oggi fuggono da chi ha in mano una telecamera e si riparano (letteralmente) in un ufficio della polizia o dietro un auto di servizio in strada, sicuri che nulla gli può accadere e che le patrie galere non le vedranno mai”.
Il poliziotto sta perdendo il suo ruolo di tutore dell’ordine pubblico a causa del buonismo di una certa politica che vorrebbe gli uomini in divisa trasformati in psicologi e rieducatori. Pasquale Griesi conosce molto bene l’ambiente della stazione Centrale di Milano e conosce tutte le sue pieghe peggiori e le sue criticità. E conosce soprattutto le difficoltà nell’operare in quelle condizioni: “Si è fatto passare il poliziotto per il cattivo di turno, perché oltre alla prevenzione, che richiede la sempre richiesta di tanti nuovi agenti, che è giusto e normale che vengano arruolati, vi è quella che definiamo repressione“.
Questa, come spiega Griesi, “nell’immaginario collettivo rende il poliziotto cattivo. È l’azione che avviene dopo che il reato è stato consumato e che, di conseguenza, il poliziotto racconta nelle aule del tribunale. La repressione dovrebbe portare alla certezza della pena, inflitta per mano della magistratura tramite le leggi che il legislatore, su mandato popolare, impone a tutti”.
Il sindacalista porta degli esempi concreti di come, invece, non vi sia né pena e né certezza nel nostro Paese: “Davanti a un molesto ubriaco, il poliziotto altro non può fare che sanzionarlo amministrativamente con 103 euro; altro non può fare il poliziotto che denunciare in stato di libertà la borseggiatrice incinta o con minori di anni 1 o il malato grave che continua a commettere reati”.
In stazione Centrale ci sono dei punti ben noti: “Le due fontane laterali sono piene di giovani aitanti che stazionano da mattina a sera, controllati dalla questura migliaia di volte purtroppo con scarsi risultati. Identificati, fotosegnalati e, in mancanza di qualsivoglia reato commesso e visto dagli agenti, impossibile privarli della libertà personale. Ed è impossibile espellerli, in quanto privi di documenti e non riconosciuti cittadini di alcuno Stato al mondo”.
Ma c’è un altro elemento esposto da Griesi, perché è impossibile che lo stesso soggetto venga fotosegnalato per più di una volta senza che il poliziotto subisca delle conseguenze, in quanto potrebbe essere accusato di abuso d’ufficio. E quando “il soggetto irregolare verrà munito di un bell’ordine del questore a lasciare il territorio nazionale entro tot giorni, perché noi chiediamo a questi soggetti di andarsene da soli, ma perché dovrebbero, ovviamente non ci sono conseguenze”.
La frustrazione delle divise è tangibile: “Perché la polizia non riesce a risolvere questi problemi? Sono sicuro che la risposta l’avete già trovata. Abbiamo accolto chiunque senza alcuna ragione valida e legale e ora ne paghiamo le conseguenze, tutti in strada a guadagnarsi da mangiare rubando, borseggiando, rapinando, alcuni a soddisfare i propri bisogni sessuali contro il consenso di ignari cittadini”.
fonte: www.ilgiornale.it