Serena Mollicone, assolti tutti gli imputati, dal maresciallo Franco Mottola al figlio Marco e alla moglie. Urla in aula: «Assassini»

Carabinieri
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Processo Mollicone, tutti assolti, l’intera famiglia del maresciallo tira un sospiro di sollievo. Gi imputati per l’omicidio di Serena sono stati assolti dall’accusa di omicidio volontario per non aver commesso il fatto. È la decisione, per certi versi inattesa e clamorosa, della corte d’Assise di Cassino, dopo otto ore di camera di consiglio e una lunga giornata di attesa e di tensione. Immediata tra il pubblico, in aula, lungo i corridoi e all’esterno del palazzo di giustizia, è scoppiata la rivolta. «Vergogna!», hanno urlato molti, mentre i Mottola, padre, figlio e moglie, e gli altri due imputati, venivano portati via, per sottrarli a un possibile linciaggio. Gli imputati ora assolti sono stati costretti a rifugiarsi dentro un bar, protetti dalle forze dell’ordine.

Il caos è scoppiato dopo che la folla inferocita aveva atteso i Mottola all’uscita dal tribunale, nonostante i carabinieri li avessero fatti attendere oltre un quarto d’ora all’interno. Il maresciallo e suo figlio sono stati inseguiti da urla, insulti e minacce, accerchiati è costretti a rifugiarsi in un bar protetti dalle forze dell’ordine: “Assassini, vergogna, me… come fate a dormire stanotte?”. Il figlio del brigadiere Tuzi quasi arriva alle mani con un avvocato, mentre la sorella Maria insegue il brigadiere Suprano: “Di la verità come ha fatto mio padre”.

È l’esito di un processo atteso 21 anni, durato 50 udienze e nel quale sono stati ascoltati 137 testimoni. La procura aveva chiesto 30 anni per Franco Mottola, 24 per il figlio Marco e 21 per la moglie Anna Maria, tutti accusati di omicidio volontario. La richiesta di pena maggiore per il 66enne ex comandante della stazione dei carabinieri era motivata dai suoi «spiccatissimi» obblighi di garanzia che aveva nei confronti della 18enne, non solo perché era in casa sua, ma anche e soprattutto in virtù del suo ruolo di membro delle forze dell’ordine. Alla sola signora Anna Maria, 61 anni, venivano riconosciute le attenuanti generiche che venivano invece escluse per il 40enne Marco.

Ma il verdetto ha ribaltato le previsioni. L’avvocato Dario De Santis, che rappresenta il padre di Serena: «Un momento buio per lo Stato che dopo 21 anni non arriva alla riuscita, un ulteriore patimento per Serena. Solo la morte ha risparmiato a Guglielmo quest’altro dolore”. Soddisfatti e sollevati gli imputati. Il maresciallo Franco Mottola ha commentato: «Abbiamo sempre detto di essere innocenti e oggi a maggior ragione lo ripetiamo». Suo figlio Marco, sulla stessa linea: “La verità è venuta fuori, non spetta a noi dire chi ha ucciso Serena».

In aula c’erano anche i genitori di Marco Vannini, il 21enne di Ladispoli, ferito accidentalmente e lasciato morire in casa dalla famiglia della sua fidanzata nel 2015. Per quella vicenda l’intera famiglia Ciontoli (padre, madre e due figli) è stata condannata in via definitiva: «Era doveroso per noi essere qui, siamo diventati un po’ il simbolo della giustizia italiana perché noi giustizia l’abbiamo avuta e lo stesso meritano Serena e suo padre Guglielmo. I due casi, come detto dal pm, sono simili», ha commentato la mamma , Marina Conte, col marito Valerio.

È stato quest’ultimo secondo i pm Beatrice Siravo e Carmen Fusco a sbattere la testa di Serena contro una porta dell’alloggio in uso alla famiglia Mottola all’interno della caserma, mentre il padre ha diretto le operazioni successive, soffocando la 18enne in agonia da ore e poi commissionando alla moglie il confezionamento minuzioso del suo cadavere. Assieme a lei lo ha poi portato nel bosco di Anitrella la notte stessa, dedicandosi poi a una meticolosa operazione di depistaggio. Il vice maresciallo Vincenzo Quatrale era a processo per concorso esterno in omicidio perché avrebbe sentito i rumori dell’uccisione senza fare nulla per impedirla e rispondeva inoltre dell’istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi, riqualificato dalla procura in omicidio colposo nel corso della requisitoria (già prescritto): per lui la pena richiesta era di 15 anni. Un altro carabiniere della caserma, Francesco Suprano, rispondeva di favoreggiamento per aver nascosto la porta del delitto (quattro anni la richiesta).
Serena scompare la mattina dell’1 giugno 2001 e viene ritrovata dopo 48 ore in un bosco poco fuori Arce. Si fanno tante ipotesi ma mancano elementi concreti. Nel 2003 viene arrestato il carrozziere Carmine Belli che nel 2004 viene assolto con formula piena in primo e secondo grado. Per anni le indagini restano inconcludenti fino al 2011 quando la procura iscrive formalmente la famiglia Mottola tra gli indagati chiedendone però presto l’archiviazione nel 2015 per mancanza di prove.

corriere.it

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