“Noi ci dobbiamo attenere a ciò che stabilisce l’autorità giudiziaria. Siamo uomini di legge per cui le sentenze ce le dobbiamo sempre prendere, sia quando ci piacciono che quando non ci piacciono. La condanna a 12 per Di Bernardo e D’Alessandro, anche se la pena è stata ridotta, è pesantissima”.
Così all’AdnKronos Massimiliano Zetti, Segretario generale del Nuovo sindacato Carabinieri (Nsc), dopo la sentenza della Quinta sezione penale della Cassazione che ha condannato a 12 anni di carcere i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati del pestaggio di Stefano Cucchi, rinviando a un nuovo processo d’appello per i due carabinieri accusati di falso, Roberto Mandolini e Francesco Tedesco.
“Di Bernardo e D’Alessandro sono stati condannati per omicidio preterintenzionale – osserva Zetti -, significa che non volevano uccidere Cucchi, per cui se ci sono stati degli atteggiamenti non consoni, in questo caso percosse, lesioni o ciò che è stato, che dopo hanno causato la morte ma non per loro intenzione, la condanna credo rientri nel range di ciò che prevede il codice penale. Poi l’entità della pena per qualcuno può essere giusta, per qualcun altro meno giusta, e 12 anni mi sembrano molti perché non c’era l’intenzionalità”.
“Il classico esempio di scuola – prosegue – è quello di colui che tira un pugno a una persona, quella cade a terra, sbatte la testa sul marciapiede e muore, ma non muore a causa del pugno, ma perché a causa del pugno è caduto a terra e ha battuto la testa. Non c’è un nesso di causalità diretta con la morte, ecco perché sicuramente nessuno voleva uccidere Cucchi”. “Aggiungo che per quanto riguarda la posizione di Mandolini e Tedesco – aggiunge Zetti -, si apre un nuovo processo d’appello, e poi vedremo le motivazioni che hanno spinto la Cassazione a rinviare in appello, ma significa che la Corte d’Appello nel rifacimento del processo bis dovrà seguire le indicazioni che darà la Suprema Corte. Quindi sicuramente è una notizia positiva, presumo, per entrambi”.
“Quello che a noi interessava – conclude Zetti – è cercare al massimo che il processo si facesse nei tribunali e non su giornali o che diventasse un circo mediatico-giudiziario. Il caso Cucchi è stato un caso in cui si è giocato molto sugli organi di stampa, in tv e così via. Ci sono dei casi che prendono quella piega e certe volte è difficile all’interno dei tribunali trovare la serenità. Però oggi anche la Cassazione si è pronunciata e ritengo non abbia avuto, almeno spero e penso, nessuna soggezione da parte dell’opinione pubblica e abbia deciso liberamente e con serenità”.
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