Scavalca la balaustra per buttarsi giù: poliziotta libera dal servizio la salva

Polizia Alessia Cioffi
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Voleva lanciarsi di sotto, ma il coraggio della poliziotta Alessia l’ha convinta a desistere. Nel pomeriggio di lunedì 27 settembre, a Reggio Emilia, una donna di circa 50 anni ha tentato di togliersi la vita, gettandosi dall’ottavo piano di una palazzina. Alessia Cioffi, una poliziotta libera dal servizio della questura della città emiliana, è intervenuta convincendo la signora a rinunciare al gesto estremo. “È stato come aver avuto un peso sul cuore, scomparso all’improvviso quando ha cambiato idea – ha dichiarato la poliziotta Alessia a Fanpage.it – . Oggi, se la incontrassi di nuovo, le chiederei se va tutto bene e la porterei a prendere un caffè”.

Erano circa le 18, Alessia è una poliziotta di 32 anni e in quel momento non era in servizio. Stava facendo una passeggiata con il cane, in via De Nicola a Reggio Emilia. All’improvviso ha notato che la gente urlava, chiedeva aiuto. Si è accorta, così, che nello stesso palazzo in cui abita anche lei, all’ottavo piano, una donna aveva scavalcato la balaustra, minacciando di volersi buttare giù. Subito è rientrata nel palazzo per cercare di raggiungerla. Ha tentato di entrare in casa della signora, ma la porta era chiusa. Ha allertato subito i vigili del fuoco per un eventuale sfondamento del portone, poi i suoi colleghi delle volanti e il 118. È entrata nell’appartamento del settimo piano e si è affacciata dal balcone sotto a quello della donna. Ha iniziato così a parlare con la signora che era molto agitata.

Che umore aveva la donna?

“Le persone in strada urlavano e lei si agitava sempre di più. Era molto nervosa, tremava, si muoveva di continuo. Aveva tutte e due le gambe fuori dalla balaustra, si tratteneva solo con braccio sinistro”.

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Quanto tempo è rimasta appesa dalla balaustra solo con un braccio?

“Circa mezz’ora. Il braccio destro e la gamba destra erano totalmente fuori. La gamba sinistra era piegata col piede verso l’esterno e il braccio sinistro dentro, che la sosteneva”.

Quale è stata la prima cosa che le ha detto?

“Le ho chiesto subito il nome. Ho cercato immediatamente un contatto emotivo e poi le ho detto di essere una poliziotta e di potersi fidare di me. “Parla con me, io sono qui per ascoltarti”. E le ho ripetuto di non fare nulla di azzardato”.

La sua prima reazione?

“La signora ha pianto, ha pianto tanto. Un pianto continuo. Mi ha detto il suo nome e ha chiesto il mio. Poi ha instaurato anche lei un rapporto confidenziale. Credo che in quel momento avesse tanto bisogno di parlare, di qualcuno con cui sfogarsi, tutto sempre appesa dalla balaustra. Non si è mai staccata da lì”.

Quale è stato il motivo di questo gesto?

“Era molto triste. Ha parlato di una vita difficile, le sono mancati gli affetti delle persone che amava. Ha avuto vari problemi che l’hanno portata a un punto di non ritorno. Era molto stanca, ma non saprei dire se anche depressa. Mi ha ripetuto di non avere avuto amore nella sua vita”.

E lei?

“Le ho detto che nella vita ci sono miliardi di cose belle, bisogna andare avanti. Non ne vale la pena per nessuno togliersi la vita. Le ho ripetuto sempre questo. Le ho detto che la sua vita è la cosa più importante, nessuno vale quanto la sua vita. Chi soffre è chi resta e sente la mancanza di chi se ne va”.

Quanto è durata la conversazione?

“Circa 20 minuti e mentre io parlavo sono arrivati i soccorsi. Lei appena ha visto l’ambulanza si è alterata nuovamente e ha urlato: “Se c’è l’ambulanza io mi butto”. A quel punto il suo problema è diventato quello di non voler andare in ospedale”.

In questi casi come ci si comporta?

“Le ho detto che se avesse voluto, avrei mandato via l’ambulanza, con la promessa da parte sua che sarebbe rientrata in casa. Sono riuscita con questa proposta a trovare il motivo grazie al quale farla scendere dal balcone. I colleghi dei soccorsi hanno capito il problema e si sono solo spostati dietro l’angolo. Erano pronti a intervenire, ma la signora non poteva vederli”.

La signora così si è calmata?

“Sì, ha apprezzato il fatto che io abbia mantenuto la parola data e si è calmata. È scesa dalla balaustra ed è andata verso la porta. Sono corsa all’ottavo piano e sono entrata. L’ho fatta sedere e ho chiuso subito la porta del balcone. Poi sono saliti i colleghi delle volanti, i vigili del fuoco e il 118”.

Cosa è successo appena vi siete viste?

“Mi ha abbracciato. Mi ha detto che non ce la faceva più, che era dispiaciuta per tutto e io le ho risposto di non preoccuparsi, di essere forte. Noi le avremmo dato una mano, non è sola. Poi sono arrivate anche le vicine di casa e la signora ha avuto uno sfogo e ha abbracciato anche loro. Pian piano l’ho convinta a scendere giù. Le ho detto: “Andiamo a fumare una sigaretta” e lei si è avvicinata agli operatori del 118 ed è salita sull’ambulanza”.

Quale è stata la sua sensazione dopo aver salvato una persona da un gesto disperato?

“È stato come aver avuto un peso sul cuore, scomparso all’improvviso. Per tutto il tempo passato sul balcone a parlare con lei, è stato come se mi mancasse il respiro. Avevo il cuore in gola, perché vedevo una donna davanti ai mie occhi, a un passo dalla morte. Quando ci siamo abbracciate anche per me è stato un momento di liberazione. Ero felicissima perché per me è stato come abbracciare una madre. La mia ha la sua stessa età”.

La signora viveva da sola?

“No, penso che fosse sposata, ma il marito in quel momento non c’era. Figli probabilmente non ne hanno, altrimenti in un momento così difficile me ne avrebbe parlato”.

Abitando nello stesso palazzo, non le è mai capitato prima di vedere la signora?

“No. Io abito al secondo piano e in zona mi conoscono un po’ tutti, ma lei non l’avevo mai vista prima”.

Da quel giorno non vi siete più viste?

“Sono passata da casa sua. Ho sperato di incontrarla un’altra volta per sapere come stesse. Sicuramente mi metterò in contatto con lei perché ho piacere a parlarle e voglio farle capire che le persone le vogliono bene e ci sono. Non è da sola”.

Le è già successo in passato di salvare una vita?

“No, mai vicende così gravi. In tutti questi anni di operazioni su strada mi è capitato di parlare con altre donne disperate per liti in famiglia o con altri problemi. Ho sempre cercato di creare un contatto umano. Ho sempre pensato che dall’altra parte ci siano persone uguali a noi, a prescindere dalla divisa. A volte basta anche solo ascoltare e dimostrarsi umili. Non c’è bisogno di fare chissà che. Basta avere un po’ di cuore e di umanità. Non bisogna mai parlare a queste persone con durezza, ma sempre come se fossero nostre figlie, o sorelle, persone a cui vuoi bene”.

Cosa direbbe alla signora se domani la incontrasse in ascensore?

“L’abbraccerei forte come faccio con mia madre, le chiederei come sta e poi la inviterei a prendere un caffè”.

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