“Tanta stanchezza, difficoltà a camminare, poi l’instabilità che mi faceva inciampare”. Rocco, malato di sclerosi multipla, 54 anni ad ottobre, di cui 33 passati nella polizia, racconta a “Repubblica” la sua storia di sofferenza e di assistenza “rinviata” con le intuibili conseguenze correlate al ritardo della terapia.
Inizia in modo subdolo la sclerosi, con una diagnosi che arriva solo dalla Risonanza magnetica. Ma è proprio questo esame, fondamentale anche a monitorare l’evoluzione della patologia, che per Roberto sta diventando un gigantesco problema.
“All’inizio, pensavo si trattasse di qualcosa che avesse a che fare col mio mal di schiena – ricostruisce gli esordi della patologia – però poi, i sintomi progredirono. Così, su consiglio del medico di famiglia, mi rivolsi al Policlinico della Vanvitelli, a piazza Miraglia, dove gli specialisti ipotizzarono la sclerosi. Mi prescrissero la Risonanza che confermò il sospetto. E adesso, che da tre anni so di essere affetto da una malattia genetica per la quale ancora non c’è una cura, posso solo affidarmi a dei trattamenti periodici”. A seguirlo sono gli specialisti dello stesso Ateneo, che però fanno capo al Nuovo Policlinico, in particolare Giacomo Lus nella Neurologia diretta da Gioacchino Tedeschi.
È garbato Roberto quando, esprimendosi con un filo di timidezza, denuncia l’incuria dell’apparato assistenziale della Campania, che l’obbligheranno a saltare il trattamento: “Si tratta dell’infusione di un farmaco, si chiama Ocrelizumab (anticorpo monoclonale che colpisce le cellule B CD20-positive, ndr) e va iniettato ogni sei mesi, il prossimo appuntamento è fissato per il 9 agosto. Dubito di poterlo rispettare. E non è una molecola che fa guarire, servirebbe invece a bloccare la progressione della sclerosi”.
Ma se il farmaco c’è e anche la data, per quale ragione rischia di saltare il protocollo stabilito? “Perché prima dell’infusione dovrei sottopormi a una serie di esami, di laboratorio che ho già fatto, e alla Risonanza. E quest’ultima sta diventando un ostacolo insormontabile. Tutto è diventato più complicato da quando la Regione ha cambiato le modalità per effettuare gli accertamenti strumentali nei centri accreditati. Ho chiamato, ma per la Rmn bisogna aspettare settembre, il budget è esaurito. Perciò dovrò posticipare la mia infusione, e non credo mi faccia bene”.
Certo, ci sarebbe il modo di sottoporsi all’esame, aggiunge, ma in forma privata: “Purtroppo non posso sborsare tra i 300 e i 400 euro”. Tra l’altro, per Roberto, c’è da affrontare anche la perdita di autonomia: “Devo chiedere sempre a qualcuno di accompagnarmi, anche dal medico curante o a fare la fisioterapia. Oltretutto, adesso vivo a casa di mia madre ottantenne, perché non potrei mai stare da solo in un vecchio palazzo, senza ascensore. Pensi, ci metto un quarto d’ora per fare tre piani”.
E infine l’appello: “Vorrei soltanto continuare la mia battaglia contro la malattia, senza elemosinare niente: la salute è la cosa più importante per tutti. E vorrei continuare a vivere in maniera dignitosa senza essere di peso per nessuno”.