Il personale delle Forze Armate, di Polizia e dei Vigili del Fuoco sarà il primo a ottenere il rinnovo del contratto per il triennio 2019-2021. E stando alle cifre sul tavolo della trattativa sembra che per il personale in divisa ci sarà un incremento maggiore rispetto a quello che verrà riconosciuto a tutti gli altri comparti della Pubblica Amministrazione in quanto si parla di un aumento della parte tabellare del 4,25%, pari a 130 euro medi e lordi.
Basterebbe questo per essere soddisfatti, ma non è così. Come hanno fatto notare le parti sociali, quindi sindacati delle Forze di Polizia e rappresentanti delle Forze Armate, durante l’ultimo incontro che ha avuto luogo il 27 luglio scorso, c’è ancora un problema lontano dall’essere risolto.
Nel dettaglio, nel rinnovo deve essere affrontato anche l’ammodernamento della parte normativa del contratto, per il quale siamo fermi dal lontano 2008. Con il rinnovo per il triennio 2016-2018, infatti, è stata toccata solamente la parte economica mentre per quella normativa, vista la mancanza di risorse, il discorso è stato rinviato a data da destinarsi. Questo momento è dunque arrivato, in quanto la trattativa in essere è un’occasione da non perdere.
Dopo numerosi incontri sembrava che fosse stata trovata la quadra per le risorse da destinare al contratto delle Forze Armate e di Polizia. Tuttavia, l’ultimo incontro avuto con i rappresentati pone nuovamente dei dubbi a riguardo.
Come leggiamo nel comunicato emesso al termine della riunione, infatti, sindacati e delegati Co.Ce.R. ritengono che le risorse stanziate “non consentono di poter immaginare che l’imprescindibile adeguamento del trattamento economico fondamentale possa essere accompagnato a una altrettanto indifferibile revisione del complessivo impianto normativo che dovrebbe, in linea di principio, assicurare il riconoscimento della specificità al personale del Comparto Sicurezza e Difesa”.
O si rinnova la parte normativa, dunque, oppure viene riconosciuto un aumento di 130 euro: il problema è che i sindacati non intendono scegliere tra l’una o l’altra.
Se da una parte non ci sono dubbi sull’importanza d’incrementare la parte retributiva, dall’altra dobbiamo soffermarci sui motivi per cui i sindacati e gli organi di rappresentanza non intendono tergiversare ancora sulla parte normativa del contratto.
[sc name=”pubblicit” ][/sc]Dopo oltre 13 anni dall’ultimo aggiornamento, infatti, si registra un divario notevole tra assetto normativo ordinamentale e le mutate condizioni di lavoro, nonché un “inaccettabile” disallineamento con i fondamentali istituti riconosciuti al resto del pubblico impiego ma non al personale delle Forze Armate e di Polizia.
Quali sono le richieste?
- inserimento di nuovi istituti a tutela della genitorialità e della salute;
- rivedere le indennità accessorie, riconosciute in base ai criteri fissati nel 2008 ma che non sono più compatibili con gli accresciuti carichi di lavoro come pure all’esposizione al rischio professionale che viene incontrato dagli operatori nella quotidianità;
- ripensare gli straordinari, oggi pagati meno del lavoro ordinario e accumulando ritardi di anni per la liquidazione delle somme dovute. Si potrebbe pensare anche a una defiscalizzazione degli accessori;
- velocizzare il processo di attuazione della previdenza complementare.
Fino a quando non ci saranno garanzie su questi punti, sindacati e rappresentanti promettono “battaglia” sul rinnovo del contratto; pur riconoscendo l’importanza di arrivare il prima possibile a un accordo, questi fanno sapere che non intendono firmare fino a quando non saranno soddisfatti al 100%.