In corso l’incontro tecnico tra i sindacati e il ministero della Funzione Pubblica che sancirà la ripresa del negoziato, con l’obbiettivo di chiudere entro giugno l’accordo per il rinnovo contrattuale per corpi di polizia, forze armate e vigili del fuoco.
Nel complesso i 500 mila lavoratori del comparto vanno incontro a un aumento a regime del 3,78 per cento. Per il personale non dirigente della polizia penitenziaria l’incremento mensile lordo sarà di 115 euro a regime, per quello dei carabinieri sarà pari a 121 euro e per il personale non dirigente della GdF arriverà a superare di poco 122 euro.
Il personale non dirigente delle forze armate dovrà accontentarsi invece di circa 115 euro di aumento mensile lordo, alla luce delle risorse a disposizione per il rinnovo del contratto. Mentre l’altro personale sempre delle forze armate vedrà l’asticella fermarsi poco sotto i 50 euro di incremento mensile lordo. Dalle tabelle per i rinnovi contrattuali diramate nei giorni passati emerge poi che l’aumento mensile lordo per il personale non dirigente dei vigili del fuoco sarà di 103 euro, di 135 euro per il personale direttivo e di 307 euro per i dirigenti. Il precedente contratto, arrivato dopo ben 9 anni di blocco, è scaduto due anni fa e prevedeva in media circa 35 euro di aumento sulla parte stipendiale per i lavoratori del comparto sicurezza. Ma l’adeguamento delle retribuzioni a ogni modo da solo non basta.
I sindacati insistono sulla necessità di riconoscere la specificità del lavoro in divisa valorizzando l’articolo 19 della legge n. 183 del 2010, cioè, il riconoscimento a poliziotti e alle forze armate la specificità del servizio svolto svincolandolo dalle procedure contrattuali, funzionali, giuridiche ed ordinamentali del resto del pubblico impiego.
Altro argomento di discussione l’ammodernamento della parte normativa del contratto il cui impianto è fermo al 2002, con conseguenze sul diritto alla genitorialità, le pari opportunità e sulle relazioni sindacali. E c’è da sciogliere il nodo previdenziale: i lavoratori del comparto non possono ancora accedere a forme di previdenza complementare e di welfare d’amministrazione, mancanza che ha determinato una penalizzazione per chi accede alla pensione con il sistema contributivo e in particolare per chi si è arruolato nelle forze di polizia e nei vigili del fuoco dopo il 1995 (anno della riforma Dini) oltre a una disparità di trattamento rispetto al personale pubblico contrattualizzato per il quale sono state trovate idonee risorse per attivare i fondi Espero e Perseo Sirio. Il Sappe della polizia penitenziaria, il Sap della polizia di Stato, il Sim dei carabinieri, il Sim della Guardia di Finanza e il Conapo dei vigili del fuoco hanno appena scritto ai ministri della Giustizia, dell’Interno, della Difesa e delle Finanze, per sollecitare un intervento del governo sul tema della previdenza complementare.
Nei giorni scorsi il ministro della Funzione pubblica aveva ribadito l’intenzione di avviare entro la fine di aprile la trattativa per il rinnovo contrattuale del comparto sicurezza affermando di «condividere pienamente l’auspicio di chiudere entro giugno».
La Uilpa Polizia penitenziaria: «pensiamo sia necessario prevedere una maggiorazione contributiva figurativa per quanti abbiano prestato e prestino servizio durante l’emergenza pandemica da Covid-19». Per quanto riguarda la polizia penitenziaria vi è inoltre l’esigenza di ridurre il gap negativo nella retribuzione accessoria rispetto alle altre forze di polizia: il trattamento risulta dimezzato rispetto alla polizia di Stato.
[sc name=”facebook” ]