Pugni e manganelli immotivati come il loro arresto la notte tra l’8 e il 9 dicembre 2019 (la raccontavano così due peruviani), o due agenti aggrediti in un controllo nel giardino pubblico di piazza Gobetti (la raccontavano così i due poliziotti del commissariato Lambrate): ora, per questa vicenda in parte ripresa con il cellulare da un’amica dei due in un video trasmesso da “Le Iene”, dopo che nel luglio 2022 la Corte d’Appello aveva ribaltato l’iniziale condanna a 6 mesi e assolto dalla resistenza a pubblico ufficiale i due peruviani, ora si ribaltano i ruoli anche per i due poliziotti.
E il giudice Ombretta Malatesta, su richiesta del pm Cristiana Roveda, li condanna – a 2 anni, e a 1 anno e 10 mesi – per «arresto illegale» di uno dei due peruviani; «lesioni» consistite nel fatto che, mentre un poliziotto dava a uno dei peruviani un violento spintone e poi quattro pugni a martello sul corpo al grido di «hai rotto il c…», l’altro agente gli dava tre manganellate; e «falso ideologico» laddove nei verbali attestavano che «altri due cittadini presumibilmente sudamericani si aggiungevano ai tre che stavano giá aggredendo e ferendo gli operanti», che «gli altri tre soggetti che erano con loro riuscivano a darsi alla fuga disperdendosi in direzioni opposte», e che i due arrestati «non fornivano alcun difensore di fiducia» e anzi, «avvisati della facoltà di avvisare familiari o persone di fiducia, non manifestavano tale informazione».
Il nuovo legale di fiducia dei peruviani subentrato a quello d’ufficio, Rocco Paradisi, che per le parti civili ottiene 8.000 e 3.000 euro di danni non patrimoniali, e 5.000 euro di spese legali, lamenta tuttavia l’altro segmento di sentenza che – oltre a concedere agli imputati difesi dall’avvocato Fulvio Pellegrino attenuanti generiche, pena sospesa e non menzione – li ha assolti dall’arresto illegale limitatamente al secondo dei peruviani «perché il fatto non sussiste»; dalle lesioni limitatamente all’altro dei due «per non aver commesso il fatto»; dal falso nel verbale di perquisizione «perché il fatto non sussiste»; e da altre frasi negli atti «perché il fatto non costituisce reato».
«Dopo essere stato felice per l’assoluzione in Appello dei due peruviani accusati falsamente di resistenza a pubblico ufficiale solo per aver urinato per strada (questa è la verità), ora questo dispositivo mi lascia soddisfatto solo a metà», commenta sino a ritenere che «ancora una volta il pregiudizio abbia avuto la meglio sulla verità».