Porto d’armi senza visite, medico-poliziotto imputato: avrebbe rilasciato 276 certificati medici intascando 22mila euro

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Un vice questore aggiunto della polizia di Stato ha rilasciato 276 certificati medici finalizzati al rilascio o al rinnovo del porto d’armi, spesso senza nemmeno fare le visite oculistiche e audiometriche, intascando i compensi indebitamente percepiti tra il 2017 e il 2018, pari a oltre 22mila euro.

Per ogni certificato, infatti, il dottor V.P. si faceva pagare 80 euro e utilizzava carta prestampata del ministero degli Interni, con tanto di timbro dell’Ufficio per i Servizi tecnico-gestionali. Peccato che si trattava di «visite assolutamente non autorizzabili», effettuate «al di fuori della struttura pubblica», in Caf e agenzie pratiche d’auto; «senza garanzie e senza partita Iva». 

Per questo la procura della Corte dei conti del Lazio ha chiesto che il medico capo della polizia sia condannato a risarcire un danno erariale complessivo di 41.806 euro. Oltre ai 22mila euro che avrebbe dovuto riversare al Viminale, gli viene contestato un danno da disservizio pari a 19.726 euro, visto che rilasciava i certificati medici durante l’orario di servizio.

IL CASO

L’inchiesta giudiziaria è partita da un episodio tragicomico. Il 6 giugno 2018 un uomo si è presentato all’Ufficio armi del commissariato San Paolo, chiedendo aiuto agli agenti lì presenti nella compilazione dell’istanza per ottenere il rinnovo del porto d’armi (uso caccia), in quanto senza occhiali non riusciva a leggere. A quel punto uno degli operatori ha notato che il certificato medico, indispensabile per il rinnovo della licenza, attestava che l’uomo aveva nove decimi a occhio e non necessitava di lenti.

A sottoscrivere quel certificato in un Caf in zona Trullo, «solo dopo un breve colloquio» e «senza neanche fare la visita oculistica e audiometrica», era stato proprio il funzionario di polizia ora finito sotto processo contabile. Dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza è emerso che il vice questore aggiunto ha rilasciato complessivamente 276 certificati medici, facendosi pagare 80 euro ciascuno, intascando “in nero” oltre 22mila euro tra il 2017 e il 2018. Il medico, infatti, «ha agito – si legge nell’atto di citazione – in assenza di partita Iva o di altra certificazione fiscale, il ché indica un’attività “in nero” e quindi abusiva, peraltro da considerarsi “abituale” e non “occasionale”».

Per di più il funzionario infedele «ha redatto i certificati su prestampati del ministero dell’Interno dipartimento della Pubblica sicurezza», suo ex reparto di appartenenza, «attestando così come se l’accertamento dei requisiti psicofisici fosse avvenuto all’interno di una struttura della Polizia di Stato». Invece i certificati venivano rilasciati in diverse «strutture civili»: l’Associazione Beccolungo in via della Storta, l’Associazione Libera Caccia in via Cavour, l’Agenzia pratiche auto di via della Bufalotta e il Caf di via del Trullo». 

PERICOLO PUBBLICO

Secondo il vice procuratore aggiunto della Corte dei conti del Lazio, Francesco Vitiello, «è evidente che il proprio interesse economico sia stato valutato dallo stesso dottor V.P. come predominante rispetto all’ordine e alla sicurezza pubblica, col grave rischio e pericolo per l’incolumità delle persone che ne è conseguenza diretta». Basti immaginare cosa può accadere se si concede un porto d’armi a un uomo che ha problemi di vista. Ora saranno i giudici contabili a decidere se condannare o meno il funzionario. Di diverso avviso il pm del pool dei reati contro l’amministrazione della Procura di Roma, che stranamente ha chiesto l’archiviazione del vice questore aggiunto per «tenuità del fatto». 

ilmessaggero.it

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