Poliziotto punito per aver criticato i politici sul social – Un agente della Polizia di Stato di Rimini è stato sanzionato disciplinarmente con la decurtazione di parte del suo stipendio per aver criticato i politici su Facebook. La sanzione è stata emessa dalla Questura di Rimini e confermata dal Tribunale Amministrativo Regionale (Tar), secondo quanto riportato in una sentenza pubblicata di recente.
La videnda
I fatti risalgono al novembre 2019, durante la campagna elettorale per le elezioni regionali in Emilia Romagna. Un assistente capo della Questura di Rimini, ha pubblicato commenti critici sulla pagina di un gruppo Facebook.
Tra i commenti ritenuti controversi, come riporta ilrestodelcarlino.it, il poliziotto ha scritto frasi come: “Basta con questi politici nemmeno laureati che non hanno mai lavorato in vita loro“.
Le sue parole non sono passate inosservate e sono state segnalate ad alcuni colleghi. È scaturita una controversia che ha portato all’avvio di un procedimento disciplinare.
Alla fine di maggio 2020, il questore di Rimini, ha deciso di sanzionare l’agente con la decurtazione di 5 giorni dello stipendio.
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Il poliziotto non ha accettato la sanzione e ha deciso di presentare un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (Tar). Nella sua difesa, il poliziotto ha evidenziato di aver eliminato il suo account su Facebook e ha sottolineato che i suoi commenti sono stati fatti su una pagina di un gruppo accessibile solo agli iscritti, senza alcun riferimento al suo impiego presso la polizia. Ha inoltre affermato di non aver utilizzato toni offensivi o denigratori, né ha divulgato informazioni non veritiere.
Poliziotto punito: la decisione del TAR
Tuttavia, il Tar ha respinto il ricorso, sostenendo che sebbene l’agente non abbia menzionato esplicitamente la sua professione di poliziotto né abbia utilizzato linguaggio offensivo o diffamatorio, la sua appartenenza alla Polizia di Stato era conosciuta o facilmente individuabile all’interno della comunità del gruppo Facebook.
Di conseguenza, i giudici hanno ritenuto che anche un riferimento implicito alla sua professione potesse essere dedotto dalle circostanze, e hanno quindi confermato la decisione della Questura di Rimini.