A rendersi colpevole di un violenza sessuale nei confronti di una collega sottoposta è, stavolta, un poliziotto in forza alla Stradale di Milano. Un brutta storia finita con una condanna in abbreviato a un anno e sei mesi e cinquemila euro di multa per l’agente capoturno. L’aggressione sessuale avviene in auto. Tutto succede qualche mese fa durante un normale turno di lavoro. Lei 27 anni, lui 38 e quella notte non avrebbero nemmeno dovuto essere in auto insieme. I due si conoscono, ma non sono amici, solo normali colleghi di lavoro. Lei è alla guida dell’auto di servizio, lui è a lato e comincia a palpeggiarla sul seno, cercando poi di aprirle la giacca. La giovane poliziotta, attonita, lo ferma, lui capisce e smette, cercando di buttare tutto sullo scherzo, con quell’ambiguità tipica di chi sa che sta facendo qualcosa di gravemente scorretto, ma conta sul fatto che poi sarà difficile da dimostrare ed è convinto che la donna, sua sottoposta, non avrà il coraggio di dire nulla. Dopo il primo episodio sembra che la cosa rientri e invece l’uomo riprende a palpeggiarla con maggiore insistenza. La costringe ad accostare, le slaccia la camicia e poi cerca di sfilarle i pantaloni e continua con le mani ovunque.
La donna cerca di reagire come può, si difende, riesce ad uscire dall’auto, fugge in strada mezza svestita e naturalmente denuncia. Racconta tutto ai suoi superiori e poi sporge querela contro il capoturno, che in un primo momento quando viene convocato resta incredulo. “É la sua parola contro la mia”, è la prima reazione dell’uomo. Così comincia la parte più difficile, dimostrare che cosa è successo esattamente quella notte.
Sarà proprio l’uomo a rendere due versioni differenti che faranno subito dubitare gli inquirenti della sua attendibilità. In un primo momento lui nega ogni cosa dicendo che la donna voleva essere trasferita e non riuscendoci si era inventata questa aggressione che le avrebbe causato una incompatibilità ambientale. Ma la donna non aveva mai fatto richiesta di trasferimento ed era anche abbastanza improbabile che ricorresse a tale invenzione per essere trasferita, le sarebbe bastato fare domanda. In un secondo momento lui, rendendosi conto di aver dato una versione improbabile, cambia versione e racconta che lei voleva una storia sentimentale, ma lui non la ricambiava perché era sposato, a quel punto, secondo lui, lei si sarebbe inventata tutto per metterlo in difficoltà e fargliela pagare.
In ogni caso queste due ipotesi avrebbero presupposto un rapporto tra loro che in realtà non era testimoniato da nulla, nessuna traccia di telefonate fra loro sui cellulari, nessun messaggio, lo stesso pm e il gup non hanno mai creduto ai racconti di lui. E soprattutto il gup ha ritenuto non credibile che tra persone che hanno ipoteticamente un relazione clandestina non ci siano scambi di messaggi sui telefoni. Il pm aveva chiesto 3 anni contestando anche l’abuso di autorità, la condanna è a un anno e 6 mesi con 5mila euro di multa, in abbreviato gli è stata riconosciuta l’attenuante di minore gravità. Lei è stata trasferita.