Poliziotta penitenziaria salva la vita a un bambino di un anno colpito da una crisi respiratoria

Poliziotta penitenziaria salva la vita a un bambino

Poliziotta penitenziaria salva la vita a un bambino di un anno – Nella mattinata di sabato 1 febbraio 2025 un’agente scelto di polizia penitenziaria Arianna Bartolozzi, ha salvato la vita a un bambino straniero di poco più di un anno, che era con la madre nella visita al compagno di lei, detenuto nel carcere delle Vallette a Torino. 

Il piccolo ha dapprima mostrato segni di malessere, con episodi convulsivi, per poi precipitare in una condizione critica caratterizzata da assenza di respiro, cianosi diffusa e perdita di coscienza. Mentre la madre, in evidente stato di choc, chiedeva disperatamente aiuto, la situazione nella sala colloqui si è rapidamente caricata di tensione, con i presenti incapaci di comprendere come intervenire.

La poliziotta, resasi conto della gravità dell’accaduto, ha allertato immediatamente i soccorsi e il personale medico. Contemporaneamente, ha praticato al bambino le manovre di basic life support (Bls) pediatrico, fondamentali per preservare le funzioni vitali del bambino in attesa dell’arrivo dei sanitari. L’intervento ha permesso, dopo alcuni minuti di rianimazione, di ristabilire il respiro del piccolo, che ha ripreso coscienza tra la commozione dei presenti.

Il bambino è stato poi affidato alle cure del personale sanitario, che ha confermato la criticità della situazione e ha evidenziato come la rapidità e l’efficacia delle manovre di rianimazione siano state determinanti per la sua sopravvivenza. Il resto del personale di polizia penitenziaria ha dato supporto all’agente e ha garantito che i colloqui continuassero regolarmente.

Poliziotta penitenziaria salva la vita a un bambino: il racconto dell’Agente Arianna Bartolozzi

 “Ho sentito una donna chiedere di uscire dalla sala colloqui, dove ero di servizio, perché il suo bambino dava segni di malessere. Ho aperto e quando ho visto il piccolo già molto sofferente, in preda alle convulsioni, ho avuto paura. Ma, anziché bloccarmi, la paura mi ha spinto ad agire. Sono una madre e penso che i figli siano un dono che va protetto a qualsiasi costo. In un primo momento ho chiesto a una persona che accompagnava la donna, forse una parente che sembrava conservare una certa lucidità, di effettuare pacche interscapolari.

Ma il piccolo non reagiva, era ormai cianotico, con gli occhi retroversi e privo di sensi.. Allora non ho più esitato e ho praticato il Basic Life Support, la manovra di rianimazione pediatrica. Il bimbo ha ripreso subito a respirare e poco dopo sono arrivati i soccorsi”.

Arianna descrive il suo intervento con termini tecnici che denotano una competenza professionale in materia. “Sono laureata in infermieristica – svela – e ho operato come volontaria nelle ambulanze prima di entrare nel Corpo di Polizia penitenziaria”.

Originaria di Pistoia, madre di due bambini, si è arruolata nel 2019. “Una scelta convinta – si affretta a precisare – Sono sempre stata attratta dalle peculiarità di una forza di polizia che opera per attuare i valori di giustizia e umanità in un ambiente tanto complesso come il carcere”.

Non manca di sottolineare il ruolo avuto dai suoi colleghi in quanto accaduto, da quelli che hanno rassicurato il padre del piccolo rimasto all’interno della sala colloqui, al coordinamento che c’è stato per chiamare i soccorsi, giunti tempestivamente. “Siamo un gruppo affiatato e questo ha una ricaduta importante sul lavoro. E’ fondamentale essere sulla stessa lunghezza d’onda con i colleghi, soprattutto essere orgogliosi del ruolo che svolgiamo, purtroppo non sempre riconosciuto e valorizzato”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Content is protected !!