Ha aggredito due poliziotte penitenziarie costringendole alle cure mediche. Succede nella sezione femminile del carcere romano di Rebibbia. A darne notizia il sindacato Sappe. “La detenuta è nota per la sua violenza – dichiara in una nota stampa Maurizio Somma, segretario nazionale per il Lazio del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria – tanto che quando va nel cortile dell’aria devono esserci, a sorvegliarla, due poliziotti, un uomo ed una donna.
Ed è proprio durante il passeggio nel cortile che ha aggredito, improvvisamente e senza ragione alcuna, la poliziotta, tanto che tempestivo si è reso intervento del collega uomo e di un’altra agente. Non più tardi di una decina di giorni fa si era addirittura intrufolata nell’area lavanderia del carcere, seminando il panico fra le altre detenute”.
Somma denuncia che quella vissuta è stata “l’ennesima violenza commessa a scusa della scellerata gestione di soggetti con problematiche di carattere psichiatrico, che vengono assegnati in istituti penitenziari come quello di Rebibbia femminile, una struttura inadatta a contenere simili tipologie di detenuti. La polizia penitenziaria è veramente stanca di subire quotidianamente gratuite violenze per l’incapacità di una amministrazione che non riesce ad intercedere ai livelli politici competenti, anch’essi sicuramente non esenti da gravi responsabilità”.
Solidarietà e parole di apprezzamento per la professionalità, il coraggio e lo spirito di servizio dimostrati dalle e dai poliziotti penitenziari di Rebibbia femminile arriva anche da Donato Capece, segretario generale del Sappe: “Tutti i giorni i poliziotti penitenziari devono fare i conti con le criticità e le problematiche che rendono sempre più difficoltoso lavorare nella prima linea delle sezioni delle detentive delle carceri, per adulti e minori. Mi riferisco alla necessità di nuove assunzioni nel corpo di polizia penitenziaria, corsi di formazione e aggiornamento professionale, nuovi strumenti di operatività come il taser, kit anti aggressioni, guanti antitaglio, telecamere portatili, promessi da mesi dai vertici ministeriali ma di cui non c’è traccia alcuna in periferia”.
“C’è grande bisogno di cambiamenti, c’è grande bisogno di aria nuova al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, dove negli ultimi anni le classi dirigenti hanno fallito con scelte gestionali discutibili e pericolose come ad esempio l’introduzione e il mantenimento della vigilanza dinamica dei detenuti, che è alla base dell’altissimo numero di eventi critici che accadono ogni giorno nelle sezioni detentive, il depotenziamento del corpo di polizia penitenziaria, sotto organico di 4mila unità, i cui appartenenti sono stati lasciati da soli e senza mezzi a fronteggiare l’inaccettabile violenza di una parte consistente di ristretti, a cui sono state chiuse centrali operative, basi navali, provveditorati regionali e altri Uffici operativi sul territorio e ancora senza chiare ‘regole di ingaggio’ e di una efficace organizzazione del lavoro”, prosegue Capece.
“Si è tentato, ed in parte si è riusciti, a demolire un corpo di polizia dello Stato privilegiando aspetti trattamentali e assolutori piuttosto che puntando a garantire ordine e sicurezza in carcere e piene tutele al personale di polizia – conclude Capece -. Per non parlare del clamoroso aumento dei suicidi in cella, segno di una incapacità a gestire le reali situazioni che si vivono in carcere, e la crescita esponenziale di episodi violenti da parte di detenuti psichiatrici ristretti, a dimostrazione di una incapacità di trovare una efficace soluzione alla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari che invece dovrebbero essere riaperti, con regole e gestioni differenti rispetto al passato ma assolutamente necessari”. romatoday.it