Polizia Locale Roma: polemiche per la circolare con regole sul look 

Polizia locale Roma

Una circolare di poche pagine ha scatenato numerose polemiche. Il 14 maggio, il vice comandante della polizia locale, Roberto Stefano, ha inviato a tutti i gruppi un documento che ribadisce le regole estetiche per i vigili in vista del Giubileo.

Questo “codice estetico” richiama alcune norme basilari fissate dal regolamento del Corpo, all’insegna del decoro e della sobrietà. Le reazioni sono state varie: alcuni agenti ritengono le norme troppo rigide, altri le sostengono, mentre alcuni apprezzano certe disposizioni e ne condannano altre.

Dopo l’esplosione delle polemiche, il Comando generale ha chiarito che il documento riprende un precedente provvedimento, aggiornato alla luce delle nuove assunzioni.

Polizia Locale Roma: i precedenti

Non ci sono novità, come confermano anche alcuni sindacati. «Si tratta di un mero richiamo di prescrizioni già in vigore», precisa Raffaele Paciocca, rappresentante sindacale di Cisl Fp Roma. Concorda Marco Milani, segretario romano del Sulpl, aggiungendo: «si tratta di una circolare che rammenta a tutti gli appartenenti le norme sull’uso dell’uniforme in vigore sin dal 2012».

Era già previsto che il personale avesse capelli sempre in ordine e puliti, senza tagli eccentrici e con tinte naturali. Gli uomini non devono portare orecchini e piercing, mentre le donne sono invitate a non indossare pendenti o ciondoli e a non truccarsi in maniera eccessiva. Queste regole si aggiungono alla richiesta di un «comportamento ineccepibile sia sotto il profilo della cura della persona che dell’uniforme». Tuttavia, queste precisazioni hanno comunque sollevato discussioni.

Le reazioni dei poliziotti

«È una sorta di promemoria per i colleghi più sciatti», dicono alcuni membri del Corpo che preferiscono restare anonimi. Molti sono attenti a presentarsi in modo impeccabile di fronte ai cittadini. Tuttavia, come raccontano alcuni interni, non tutti condividono questa attenzione. «Oggi alcuni pensano di vivere come liberi professionisti, ignorando comportamenti da rispettare. Alcuni colleghi non si preoccupano nemmeno di sostituire la divisa se diventa troppo stretta, andando in giro in modo poco decoroso con “i bottoni che scoppiano”», denuncia Giulio, nel Corpo da 32 anni, che per «essere in linea con il ruolo» ha deciso di non tatuarsi. Sebbene i tatuaggi non siano espressamente vietati nel documento, «se sono eccessivi rientrano nel concetto di eccentricità», spiegano gli addetti ai lavori.

Tatuaggi e piercing degli agenti

Molti agenti di Polizia Locale hanno tatuaggi, più o meno visibili. «Io sono pieno di tatuaggi, anche in vista, come altri colleghi, alcuni addirittura comandanti. Non vedo quale sia il problema. L’importante è non esagerare», dice l’agente Mario. «Le cose eccentriche da non tollerare sono altre, come il collega con le perline sulla barba, che giustamente gli sono state fatte togliere». Anche Anna critica l’imposizione della tinta «di colore naturale».

«Capisco che venga richiesto di non usare colori come il rosa o il verde, ma che male c’è se io sono castana e voglio farmi bionda? Questa è davvero una sciocchezza», osserva.

Molti riflettono sul fatto che «il mondo sta cambiando, come anche le generazioni». «Vietare certi comportamenti 40 anni fa poteva avere un senso, ma adesso che tutti hanno piercing o tatuaggi a me sembra davvero eccessivo. Non bisogna essere troppo rigidi. L’importante è sapersi presentare al cittadino in modo rispettoso e con dignità», sottolinea Mauro, in pensione da due anni dopo una vita nel Corpo.

Tra chi condanna in tutto o in parte, c’è chi accoglie con favore le norme. «Niente tatuaggi, niente piercing e tanta attività fisica per rimanere in forma perché questo lavoro richiede anche una certa prestanza fisica», racconta Francesco.

«La divisa serve per renderci omogenei, per dare uniformità al Corpo, quindi è giusto ricordare che tutti dobbiamo indossarla allo stesso modo». Evitare determinati look è necessario per facilitare le operazioni, secondo Francesco. «Se devo fare un arresto, avere i capelli lunghi o indossare anelli vistosi è disagevole. Se devo fare un placcaggio e per sbaglio ferisco qualcuno con un anello, poi sono problemi. Tante regole nascono anche dalle necessità».

Insomma, le divise danno uniformità a livello di immagine, ma non di pensiero.

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