Raccontò di aver sfruttato la sua stazza, una volta, per simulare una carica e far disperdere con quella finzione un plotone di ultrà nerazzurri: «Era l’unico modo, in zona eravamo rimasti solo io e un carabiniere». Grande, grosso e forte, ma capace di ascoltare e ragionare di volta in volta. Elio Carminati, 62 anni, non c’è più.
Mazinga, o meglio «Masinga» in bergamasco, non c’è più. E poi «Pilone», «Robocop», i soprannomi si sono sprecati, tanti quelli coniati dagli ultrà che per trent’anni l’avevano visto in servizio attorno al Comunale. Poliziotto dal 1983, a Bergamo dal 1986, nella sua città, dove viveva in Città Alta. Era andato in pensione nel 2014, Elio Carminati.
E poco dopo si era raccontato in un libro con Federico Biffignandi, un titolo che diceva molte cose: «Sbirro a chi?». Talvolta gli era capitato di andare ad arrestare qualche tifoso dell’Atalanta mentre era al lavoro: «Mi inventavo che la madre era stata poco bene e dovevo accompagnarlo a casa». Invece la destinazione era una stanza di sicurezza in via Noli.
Nel libro raccontò di quando un giorno, in via Paglia, aveva a tiro un rapinatore, ma una mamma e una bimba erano appena uscite da un negozio: «Tornai in questura senza sparare e senza l’arresto, ma con la coscienza a posto». In divisa quasi mai: fino a un paio di anni fa lo si incrociava ancora nei suoi angoli preferiti di città, in un bar o sul suo motorino schiacciato dal peso, spesso vicino alla procura, con addosso quel giubbetto a più tasche che l’aveva accompagnato spesso nei servizi di ordine pubblico allo stadio.
Quasi un tratto distintivo, per il poliziotto a cui non servivano protezioni, ma che proteggeva con la sua stessa figura. Con lui se ne vanno anni di vecchie indagini, di marciapiede e sensazioni giuste, colonne portanti di un mestiere cambiato profondamente. Se l’è portato via un male che durava da tempo. E sono tanti, da ieri sera, i colleghi con le lacrime agli occhi.