I poliziotti li seguivano da mesi, una caccia complicata nei meandri del web. Giorno e notte. Fra indirizzi anonimi e firewall, vicoli ciechi e muri che sembravano insormontabili. Ma, alla fine, gli investigatori della polizia postale di Palermo sono riusciti a bucare l’ultima barriera, quella che proteggeva la stanza più segreta, un cloud con i file degli orrori, le immagini di bambini abusati.
Da lì, i poliziotti sono risaliti ai pedofili siciliani del web: il blitz è scattato nei giorni scorsi. Un odontotecnico e un militare sono stati arrestati a Trapani. Un disoccupato è stato bloccato ad Agrigento. Si tratta di arresti in flagranza: gli indagati sono stati fermati nelle loro abitazioni mentre erano al computer. Pesanti le accuse mosse dal pool coordinato dalla procuratrice aggiunta di Palermo Laura Vaccaro: divulgazione, cessione e detenzione di video e foto pedopornografiche. Stessa accusa per cui sono stati denunciate altre 14 persone in tutta Italia, otto sono palermitani. Si tratta di studenti, disoccupati percettori del reddito di cittadinanza, commercianti, professionisti. Giovani e meno giovani.
I poliziotti hanno sequestrato una montagna di file, computer e telefonini, che sono adesso al vaglio degli esperti, soprattutto per tentare di risalire alle piccole vittime. L’ennesimo spaccato drammatico che emerge da un’indagine coordinata dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online del Servizio di polizia postale, l’eccellenza degli investigatori in questa materia così importante.
«L’obiettivo primario è la difesa dei ragazzi in Internet — ecco la mission della struttura specializzata creata con una legge del 2006 — obiettivo che si realizza attraverso servizi di monitoraggio per la ricerca di spazi virtuali clandestini dove si offrono immagini e filmati di minori abusati per un turpe commercio online».
Gli ultimi indagati utilizzavano account fittizi per condividere materiale di sfruttamento sessuale di minori su spazi cloud crittografati: «Così provavano ad eludere le inchieste e garantire la sicurezza dei dati», spiega la polizia in un comunicato. «Gli indagati si scambiavano link con immagini e video di abusi su bambini anche di età inferiore a 5 anni». Una realtà davvero drammatica.
Qualche tempo fa “Repubblica” intervistò uno dei poliziotti del Compartimento di Palermo, che ha competenza sulla Sicilia occidentale, si era infiltrato per qualche mese nella rete dei pedofili online: «Ci sono da superare tante barriere — raccontava — utilizzano sistemi sempre più complessi per restare anonimi, ma prima o poi commettono un errore. E noi siamo lì». Le statistiche della polizia postale dicono che il fenomeno della pedopornografia online è ancora parecchio diffuso. «Questo è un tipo di indagine che richiede un continuo affinamento delle tecniche di approccio ai casi», dicono gli investigatori. La caccia nel dark web continua.