Finnegan Lee Elder ha posto in essere una condotta “del tutto abnorme” rispetto a quella del vicebrigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega e ha “deliberatamente perdurato nella propria azione aggressiva sino a condurla al tragico compimento”. Dal canto suo Gabriele Natale Hjorth nella vicenda ha avuto un ruolo di “organizzatore” e di “aizzatore” nell’azione di Elder.
A scriverlo sono i giudici della Corte d’appello di Roma nelle motivazioni della sentenza con cui hanno ridotto, nel marzo scorso, a 24 anni la condanna per Elder e a 22 per Hjorth nel processo di secondo grado per l’omicidio Cerciello, avvenuto il 26 luglio del 2019 davanti ad un hotel in zona Prati, nella Capitale. Nel provvedimento di circa 300 pagine i giudici ricostruiscono la vicenda e descrivono le condotte dei due imputati.
Per quanto riguarda l’autore materiale dell’omicidio, i giudici scrivono che “è corretto sostenere che Elder avesse avuto piena contezza del significato della parola ”Carabinieri”, più volte pronunciata sia da Cerciello che da Varriale e che la avesse udita con chiarezza e ritenuta pienamente rispondente al vero”, scrivono i giudici.
Per i magistrati l’imputato “ha deliberatamente perdurato nella propria azione aggressiva sino a condurla, non senza veemenza esagerata, al tragico compimento”: una azione “del tutto abnorme rispetto a quella posta in essere” dal carabiniere “non solo per il mezzo usato (un coltello di 31 cm, con elsa a protezione della mano offensiva, con 18 cm di lama tagliente zigrinata, ad uso militare), ma anche alla luce delle modalità efferate di esecuzione della condotta (11 coltellate su entrambi i fianchi, in serie e a danno di molteplici organi vitali)”.
Per quanto riguarda Hjorth, secondo i giudici, “è piena l’adesione” alla brutale aggressione che ha portato all’omicidio. Hjorth “si è coerentemente recato alla riunione insieme ad Elder – aggiungono i giudici di secondo grado – ben consapevole che questi fosse munito di coltello, e anzi ragionevolmente sentendosi tranquillo a seguito del porto dell’arma da parte del sodale, senza minimamente tentare di indurlo a desistere dal recarsi armato allo scambio, e nell’ambito di una suddivisione dei ruoli. Ha mostrato un atteggiamento del tutto insensibile all’esito dell’accoltellamento del vicebrigadiere, omettendo, oltre di intervenire personalmente, anche solo di invitare l’amico ad un doveroso soccorso, piuttosto invitandolo a fuggire (”it’s enough”), come poi effettivamente avvenuto”.
Finnegan Lee Elder “vedendo sopraggiungere Cerciello Rega e trovandoselo di fronte rimanendo immobile sul posto, nella piena coscienza che si trattasse di un carabiniere, estrae il coltello dalla felpa e subito colpisce ripetutamente il militare, del tutto impreparato a una simile reazione”, scrivono ancora i giudici della Corte di assise di appello di Roma.
“Pur non provata con certezza la circostanza per cui sia avvenuta la qualificazione a distanza con la preventiva esibizione dei tesserini – spiegano i giudici – è d’altra parte pienamente provata l’avvenuta qualificazione verbale in un contesto in cui entrambi gli imputati prendevano coscienza di quanto veniva loro indicato anche per la situazione di relativo silenzio circostante dovuto all’ora notturna e all’assenza di traffico veicolare”. “Nei primi attimi dello scontro Cerciello tenta invano di convincere Elder a desistere dall’azione pronunciando le parole ”fermo, fermo, carabinieri”, poi, durante l’aggressione, il militare dell’Arma “emette strilli e rantoli di dolore”, come provato dalle dichiarazioni dei due americani.