Omicidio Cerciello Rega, i genitori di uno dei due americani condannati: “La verità venga fuori”

carabiniere mario cerciello rega

A dieci mesi dalla condanna all’ergastolo in primo grado per Finnegan Lee Elder e Gabriel Natale Hjorth, l’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega torna in tribunale. La prima udienza del processo d’appello si celebra il 10 febbraio davanti ai giudici della Corte d’Appello, e dagli Stati Uniti i genitori di Elder si dicono “fiduciosi che verranno portate alla luce le anomalie e le molte informazioni sbagliate emerse nel processo di primo grado, ma di questo se ne stanno occupando gli avvocati”.

“Speriamo che la verità di quanto accaduto realmente quella notte venga fuori – scrivono Ethan e Leah Elder, i genitori di uno dei due giovani americani accusati dell’omicidio – Noi e Finn non riusciamo a darci pace per la morte del carabiniere e il dolore che ha generato. Questo fatto ha segnato e segnerà per sempre tutta la nostra vita, e con questo peso comunque non solo Finnegan, ma tutta la nostra famiglia dovrà cercare di andare avanti”.

“Questo fatto segnerà per sempre tutta la nostra vita”
“Questo fatto ha segnato e segnerà per sempre tutta la nostra vita, e con questo peso comunque non solo Finnegan, ma tutta la nostra famiglia dovrà cercare di andare avanti – proseguono la madre e il padre di Elder – Siamo arrivati al secondo atto processuale di questa tragedia senza paragoni che ha stravolto l’esistenza di molte vite: prima di tutto quello della famiglia Cerciello, ma anche la nostra e quella del nostro ragazzo. Un dolore con il quale purtroppo dobbiamo imparare a convivere”.

I genitori di Elder hanno quindi ringraziato i volontari che dal carcere assistono il figlio: “Lavorando a San Francisco riusciamo a venire in Italia solo ogni 2 mesi a turno, per questo ringraziamo i volontari del Gruppo Idee di Rebibbia che hanno seguito – giorno dopo giorno – sia Finnegan sia noi azzerando in qualche modo le distanze di migliaia di chilometri con il loro sostegno psicologico e il loro lavoro. Ci tengono informati sulle sue condizioni e lo coinvolgono in attività che speriamo gli permettano di crescere e maturare. Un aiuto che ci rende questa grave situazione più sopportabile”.

“Finalmente siamo arrivati al momento dell’appello – hanno detto gli avvocati di Elder, Renato Borzone e Roberto Capra – Siamo convinti che una corretta lettura delle prove raccolte in primo grado porterà inevitabilmente a un esito diverso. La verità dei fatti di quella sera è già nelle carte raccolte nel lungo processo di primo grado, è sufficiente volerla vedere”.

Omicidio Mario Cerciello Rega, come si è arrivati alla condanna all’ergastolo
Elder è detenuto nel carcere di Rebibbia, Natale Hjorth a Regina Coeli. Lo scorso maggio sono stati condannati all’ergastolo con l’accusa di avere ucciso con 11 coltellate il vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega la notte del 26 luglio 2019 durante un’operazione chiamata in gergo “cavallo di ritorno”. Secondo la ricostruzione degli inquirenti i due americani avevano acquistato droga ma, non soddisfatti della merce ricevuta, avevano rubato al pusher – Sergio Brugiatelli, morto lo scorso ottobre – uno zaino. Chiedendo poi soldi in cambio della restituzione. Brugiatelli aveva segnalato l’accaduto ai carabinieri, e Cerciello e il collega Andrea Varriale si erano presentati all’appuntamento in zona Prati per bloccare i due ragazzi.

Nella ricostruzione della procura Elder, all’epoca dei fatti 19 anni, è colui che ha brandito il coltello colpendo il vicebrigadiere, mentre Hjorth è stato “il regista” dell’intera vicenda: sarebbe stato lui a organizzare tutto, dall’acquisto della droga al furto dello zaino dopo essere stati truffati, arrivando sino alla fuga dopo l’omicidio, la decisione di non soccorrere il vicebrigadiere e poi di nascondere il coltello nel controsoffitto della stanza.

La difesa dal canto suo ha sempre sostenuto che Cerciello e il collega Andrea Varriale, in borghese, non si sarebbero qualificati quella sera del 26 agosto, e si sarebbero lanciati sui due americani all’improvviso. Elder avrebbe quindi reagito spinto dal panico, estraendo il coltello e colpendo Cerciello convinto di essere aggerdito: undici coltellate, tra cui due fatali che non hanno lasciato scampo al vicebrigadiere.

Il pubblico ministero Sabrina Calabretta ha contrastato questa versione in aula, chiedendo l’ergastolo per i due giovani americani: “I carabinieri si sono qualificati, hanno mostrato il tesserino ed erano in servizio – ha sottolineato in aula avanzando la richiesta di ergastolo – si sono avvicinati frontalmente, non alle spalle. Cerciello non è stato ammazzato con una coltellata, ma con undici fendenti in meno di trenta secondi, non è morto per un destino avverso o per una fatalità, la morte è la conseguenza diretta di quello che i due imputati hanno fatto”.

Alla lettura della sentenza di condanna, nell’aula bunker di Rebibbia, gli avvocati di Elder e di Hjiorth a avevano protestato promettendo il ricorso in appello: “Questa sentenza rappresenta una vergogna per l’Italia, con dei giudici che non vogliono vedere quello che è emerso durante le indagini e il processo – aveva detto l’avvocato Renato Borzone, difensore di Elder – Non ho mai visto una cosa così indegna. Faremo appello. Qui c’è un ragazzo di 19 anni che è stato aggredito. Abbiamo assistito al solito tandem procure della Repubblica-giudici”.

Fabio Alonzi, avvocato di Natale Hjorth, gli aveva fatto eco: “Una sentenza che non scalfisce la nostra convinzione che Gabriel sia assolutamente innocente. Leggeremo le motivazioni ma faremo sicuramente appello”.

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