Il primo passo verso un esercito europeo. Una “Expedition force” che metta in grado l’Ue di intervenire militarmente in tutti – o quasi – i teatri di guerra. Con almeno seimila uomini pronti all’intervento ed un Quartier Generale stabile a Bruxelles.
Il dossier è formalmente aperto. Ed è sulla scrivania della presidente della Commissione, Ursula von Der Leyen. Ne vuole fare il tratto distintivo della seconda metà del suo mandato. E già oggi potrebbe anticiparne gli obiettivi e qualche contenuto nel discorso sullo “Stato dell’Unione” che terrà al Parlamento europeo riunito a Strasburgo.
Dopo la crisi afgana, infatti, le carenze europee per quanto riguarda la Difesa sono emerse in tutta la loro evidenza. In quel quadro von Der Leyen ha deciso di occuparsi personalmente di una riforma che segnerebbe una vera e propria “rivoluzione” in questo settore. Martedì scorso ha convocato una riunione ad hoc, un “Brain Storming”, nei suoi uffici proprio per esaminare le nuove sfide globali e delineare un documento informale su cui discutere con tutti i Paesi membri. Già nelle prossime settimane. Un incontro – coordinato dal capo di gabinetto della Presidente – organizzato con un “piccolo-grande” strappo al protocollo: perché non è stato invitato né è stato informato l’Alto Rappresentante, lo spagnolo Josep Borrell, che in teoria avrebbe la delega in questa materia. I rapporti tra i due, del resto, non sono tra i migliori.
Ma quali sono le linee guida di questa piattaforma (nel gergo dei diplomatici non si può definire né un “paper” né un “non paper”) che la presidente della Commissione sta utilizzando come base per le sue riflessioni e per i suoi interventi?
La premessa è che tutto verrebbe costruito in sintonia con la Nato e non contro il Patto Atlantico. Lo schema di partenza, invece, è l’attuale “Battle group”. Un battaglione di 1500 uomini, composto da tutti i Paesi dell’Unione. Ma l’idea è di compiere uno “switch”, un vero e proprio salto. Il battaglione dovrebbe salire subito ad almeno 5-6 mila unità per poi crescere successivamente. Cambierebbe però la qualità dei militari coinvolti. Al momento, infatti, i 1500 del “Battle Group” sono solo soldati di terra. Il nuovo formato prevede il coinvolgimento della marina e dell’Aeronautica: navi e aerei. Fondamentali per raggiungere velocemente tutti i luoghi del potenziale intervento e operare secondo le esigenze di questo tempo. Non solo. Si dovrebbe aggiungere una componente integralmente dedicata alla “Cyber-guerra” ed una alla “spazio”. Due settori dei quali nel terzo millennio nessun esercito può fare a meno. Il progetto, poi, prevede di istituire un comando permanente. Una sorta di Quartier Generale da insediare a Bruxelles. Una premessa considerata ineludibile per rendere il nuovo “Battle Group” efficace. Con un Comandante permanente che resti in carica un triennio, come il Comitato Militare dell’Ue o l’Eums (l’Eu Military Staff). L’ufficiale che gestirà le operazioni sul terreno, invece, potrebbe restare al suo posto per sei mesi.
Naturalmente per arrivare a questo obiettivo sarà indispensabile la volontà politica e anche prevedere i criteri nell’elaborazione dell’indirizzo da assegnare a questa Expedition force. Una volta assegnata la missione, infatti, dovrà operare in autonomia. Ma quali saranno le procedure per stabilire la decisione politica iniziale? L’attuale sistema dell’unanimità in seno al Consiglio europeo rischierebbe infatti di rendere ogni scelta a dir poco farraginosa. Una delle ipotesi – ma solo un’ipotesi – è che si trasferisca una competenza proprio alla Commissione per velocizzare i tempi.
Ovviamente un disegno di questo tipo richiederà anche uno sforzo economico. Alcuni dei “big” dell’Unione sembrano già orientati in questo senso. Basti pensare al recente incontro tra il premier italiano Mario Draghi, e il presidente francese Emmanuel Macron. Ma anche nel recente vertice dei titolari della Difesa svoltosi a Lubiana, l’Italia attraverso il ministro Guerini si è molto spesa a favore di un progetto che allarghi il raggio d’azione europeo. Traccia confermata dalla presidenza slovena di turno dell’Ue. Tutti sanno che la Francia coltiva già delle mire per il comando di questa eventuale “Forza”. Non c’è però solo Parigi tra i paesi in grado di esprimere la guida. Nell’Ue, dal punto di vista militare, Italia, Francia, Germania e Spagna sono i paesi più strutturati.
Ora, però, l’Europa deve dimostrare di sapere compiere questo nuovo balzo. Nei recenti momenti di crisi – il Covid – l’Ue ha dato dimostrazione di sapere reagire. L’Afghanistan e la difesa si sta rivelando un’altra crisi cruciale.