Morì a 33 anni nella caserma dei Carabinieri di Albenga, il giudice archivia il caso: “Non ci sono colpevoli, è deceduto per cause naturali”

Carabinieri
[sc name=”facebook2″ ][/sc]

Non ci sono responsabilità né da parte dei carabinieri né da parte dei medici: Emanuel Scalabrin morì per cause naturali. È il giudice per le indagini preliminari Emilio Fois a chiudere il caso riguardante la vicenda del 33enne albenganese morto il 5 dicembre 2020 nella camera di sicurezza della Compagnia dei Carabinieri di Albenga, appena poche ore dopo l’arresto nel corso di un’operazione antidroga. 

La ricostruzione: Scalabrin fu arrestato il 4 dicembre 2020 dai carabinieri della Compagnia di Albenga durante un blitz che portò in carcere anche una donna 37enne e un savonese di 47 anni. I tre furono portati in caserma per gli accertamenti, ma il giovane Scalabrin morì dopo poche ore, mentre si trovava nella sua cella di sicurezza. 

La magistratura aprì un fascicolo con l’ipotesi di omicidio colposo, per escludere con certezza eventuali cause di morte diverse da quella naturale, anche se fin da subito quest’ultima fu la più accreditata. La vicenda era piuttosto delicata, perché tra le ipotesi al vaglio c’era quella di morte del detenuto in seguito a percosse da parte dei carabinieri, sulla pista delle dichiarazioni rese dalla compagna e dall’amico arrestato con Scalabrin. I sostituti procuratori della Repubblica Chiara Venturi ed Elisa Milocco fin da subito non trovarono riscontri però. L’altra ipotesi vagliata fu una possibile errata dose di metadone somministrata presso l’ospedale Santa Corona la sera dell’arresto, visto che Scalabrin fu visitato più volte in seguito ai sintomi di una crisi di astinenza. Proprio in ospedale gli fu somministrato del metadone, per cui aveva la prescrizione.

Preso atto che l’autopsia non ha evidenziato alcuna lesione sul corpo dell’uomo e che la sua morte è da attribuirsi a cause cardiache in un soggetto considerato a rischio, il giudice ha escluso i militari da qualsiasi responsabilità, sia in fase di arresto nell’abitazione di Scalabrin, che nelle ore successive, durante il monitoraggio del detenuto nella cella di sicurezza.

Ritenendo infondate le ipotesi di reato, il giudice ha scritto la parola fine sulla vicenda. Vicenda che ora parrebbe essersi ribaltata, con la querela dei carabinieri nei confronti della compagna e dell’amico di Scalabrin, indagati per calunnia.

savonanews.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Content is protected !!