Modena, arresti violenti del carabiniere, USMIA: “continua la caccia alle streghe, basta processi mediatici sommari”

carabiniere condannato

I comunicati stampa diffusi il 18 ed il 20 marzo scorso, con i successivi articoli pubblicati da diverse testate giornalistiche, che annunciano la decisione adottata dal Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri dell’immediata rimozione dall’incarico dei diretti superiori dei militari coinvolti in casi di verosimile abuso di potere, come quello accaduto a Modena alcuni giorni fa, hanno contribuito ad alzare un incontenibile polverone mediatico che sta suscitando forte preoccupazione e disorientamento anche tra il personale.


Provvedimenti frettolosi, inopportuni e poco convincenti – dichiara Carmine Caforio, Segretario Generale USMIA Carabinieri – che, pur non volendo, suscitano agli occhi dell’opinione pubblica una presunta inerzia gerarchica, capace perfino di alimentare fantomatici sospetti nei confronti di un intero Reparto e di chi lo governa.

Un Comandante – indipendentemente dal grado e dal ruolo ricoperto – non è onnisciente, né ha il potere dell’ubiquità. Infatti, senza entrare nel merito delle decisioni adottate dall’Amministrazione, in tanti continuano a non trovare una ragionevole risposta alla domanda più semplice e ricorrente: “quali sarebbero le responsabilità, dirette o riflesse, del superiore di un militare che, nell’esercizio delle sue funzioni, agisce autonomamente lontano dai suoi occhi?”

Molte sono le critiche che echeggiano ad ogni livello della scala gerarchica. Colpire figure totalmente “estranee” all’evento in trattazione non è stata una scelta certamente conveniente. La versione che i trasferimenti siano stati adottati per preservare la serenità del personale e tutelare i superiori dei militari inquisiti – di fatto gravemente penalizzati, anche nell’immagine e senza avere alcuna possibilità di difesa –, appare un goffo tentativo che, come unico e infausto risultato, ha contribuito esclusivamente ad accendere i riflettori sui tanti Carabinieri ligi al dovere che operano nell’ambito della provincia di Modena, e non solo.

La responsabilità penale è personale

Partendo dal presupposto giuridico che la responsabilità penale è personale e tenuto, altresì, conto dell’imprescindibile principio della presunzione di innocenza, ribadito in diverse occasioni anche dalle più alte cariche dell’attuale Governo, le condotte che ipotizzano fatti reato devono essere rigorosamente vagliate – distintamente ed in maniera circoscritta – esclusivamente dall’Autorità Giudiziaria.

Dissociandoci da ogni forma di violenza non proporzionata al pericolo da reprimere e salvaguardando la dignità umana in tutte le sue sfaccettature, riteniamo imperativo che la ricerca della verità e della giustizia venga “riportata nelle aule del Tribunale”; solo così sarà possibile ricostruire la fiducia tra istituzioni e cittadini, preservando al contempo i valori fondanti della democrazia e dello stato di diritto.

Conclude Caforio: “Anziché continuare a dare la “caccia alle streghe” sarebbe più costruttivo riconsiderare la formazione del personale – corsi periodici e strutturati – compresa quella riguardante l’aspetto psicologico. Un fattore preminente, generalmente trascurato nell’ambito operativo e preso in considerazione solo per curare stati d’ansia e/o forme di accentuata emotività, già conclamate.

Gli “allenamenti” psicologici, abbinati alle altre lezioni addestrative (difesa personale e tecniche di immobilizzazione), aiuterebbero le donne e gli uomini che operano nel campo della sicurezza a gestire lo stress, prendere decisioni rapide e soprattutto mantenere l’equilibrio e la concentrazione in situazioni di alta pressione mentale.

Arresti violenti del carabiniere: le Forze dell’Ordine chiamate a gestire situazioni sempre più complesse

Oggi le Forze dell’Ordine sono chiamate a confrontarsi con vere e proprie guerriglie urbane e a gestire situazioni sempre più complesse che accentuano in maniera esponenziale stress e frustrazione; condizioni che da un lato alimentano un costante timore di esser denunciati e dall’altro una forma di preoccupante impotenza rispetto alle condotte di criminali che, nella piena consapevolezza di rimanere impuniti, oltraggiano, aggrediscono e sfidano chi rappresenta lo Stato”.

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