“Mio figlio accoltellato dentro il commissariato. La polizia non l’ha protetto”

Carabiniere accoltellato
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A RomaToday parla Francesco Casolari, padre di uno dei due buttafuori accoltellati ad Anzio dal padre di Leonardo Muratovic. La denuncia: “Credevo che il commissariato fosse il posto più sicuro del mondo”

figlio ha rischiato di morire, accoltellato per 4 volte, dentro il commissariato di polizia. Quello dovrebbe essere il posto più sicuro del mondo e invece no”. La denuncia, gravissima, è quella di Francesco Casolari, atleta e buttafuori, ma soprattutto padre di Cristhian, il 31enne bodyguard accoltellato ad Anzio dal padre di Leonardo Muratovic il pugile 25enne ucciso nelle notte di domenica 17 luglio. Il padre di Muratovic, fermato subito, ora dovrà rispondere di tentato omicidio. Il 31enne è stato sottoposto a intervento chirurgico e dopo drammatiche ore sembrerebbe essere fuori pericolo di vita. Prima di finire sotto i ferri ha postato una immagine su Facebok di lui insanguinato e sorridente.

Lui, 31 anni, insieme al collega di 57 anni (anche lui accoltellato dal padre di Muratovic), erano stati convocati negli uffici di polizia per raccontare quanto avvenuto dentro e fuori il locale sulla riviera Mallozzi di Anzio. È però lì che si è scatenata la rabbia del padre di Leonardo contro i due buttafuori, ‘colpevoli’ a suo dire di non aver sedato la lite costata la vita al figlio. A confessare l’omicidio, nella notte del 19 luglio, è stato Adam Edrissi. Si è costituito insieme al fratello Amhed. Entrambi conoscevano Muratovic e sono ritenuti responsabili del reato di omicidio in concorso.

“Quello dovrebbe essere il posto più sicuro al mondo”

Parallelamente, però, ad Anzio si è consumato un fatto altrettanto grave. Il buttafuori Cristhian Casolari, convocato come testimone, sarebbe stato accoltellato 4 volte nel commissariato di polizia. È vivo grazie all’intervento dei medici, evitando la morte – e un secondo dramma – per un soffio. Una aggressione, quindi, all’interno dell’edificio e non davanti, come emerso in un primo momento.

Ne è convinto il padre, Francesco Casolari, che a RomaToday ha voluto denunciare la questione: “Mio figlio avrebbe potuto prendere una coltellata al lavoro. Il buttafuori è un mestiere pericoloso, ma può capitare – purtroppo – che ci sia un’aggressione violenta. Non sai mai chi hai davanti. Però in commissariato no. Non lo accetto. Quello dovrebbe essere il posto più sicuro al mondo. Un luogo dove se sei vittima, ti aspetti di essere protetto. Dove denunci i reati, non dove sono commessi. Ho rischiato di perdere mio figlio. Non dormo da tre giorni”. 

“Mio figlio e i suoi colleghi si sono mossi come dovevano”

“Leonardo Muratovic lo conoscevo. – racconta Casolari – Il papà 10 anni fa lo portò nella mia palestra. Gli ho insegnato io a combattere. L’ho curato come un figlio. Poi l’ho perso di vista. Il padre mi conosce. Dalla loro famiglia non ho ricevuto neanche una telefonata. Ci sta, capisco il lutto. Lo rispetto. Ma mio figlio poteva morire e per di più in un posto sicuro come il commissariato”, sottolinea ancora. 

Casolari racconta la sua verità e lo fa anche attraverso la testimonianza del figlio: “Cristhian è un bravo ragazzo. Lui e gli altri buttafuori hanno fatto il loro lavoro. Hanno dato la colpa a loro, ma non è così. C’era una lite nel locale e loro, come il mestiere dice, li hanno allontanati. Li hanno buttati fuori, appunto, ma senza usare le violenza. A mio figlio ho insegnato i veri valori dello sport, del rispetto. Lui e i suoi colleghi si sono mossi come dovevano. Poi la tragedia è successa a trenta, quaranta metri fuori dal locale. Lì, a quell’ora, ci dovevano essere le forze dell’ordine. Non c’era nessuno. A che servono le volanti fino a mezzanotte? I casini ci sono dopo le due di notte”. E quel “casino” ha portato alla morte di Leonardo Muratovic. 

“Se avesse avuto una pistola avrebbe fatto una strage”

“Hanno chiamato mio figlio domenica alle 8 come persona informata sui fatti e l’hanno sentito. Poi mi ha telefonato dicendo che sarebbe dovuto riandare alle 12, per essere riascoltato. E così è stato”. La sua versione combaciava ed è uscito subito. “Quando ha lasciato la stanza dove è stato ascoltato è stato aggredito. – racconta ancora Casolari – Mentre apriva la porta e si dirigeva verso la sala d’attesa dove fanno le denunce, è stato colpito per 4 volte. Quattro coltellate all’interno del commissariato di polizia, assurdo. Gli ha bucato milza e pancreas. Ha causato danni gravi a mio figlio. Ieri notte è migliorato ma le sue condizioni restano gravi. Spero, come dicono i medici, che possa lasciare presto la terapia intensiva”.

Il padre del buttafuori non si dà spiegazioni: “Forse è stato aggredito perché il primo a uscire dalla porta. Non lo so. Il padre di Muratovic aveva già il coltello in tasca dentro al commissariato, un’arma. Capisce? L’altro buttafuori ha preso una coltellata alla mano, 25 punti. È stato bravo e fortunato che ha parato il colpo, altrimenti anche lui avrebbe rischiato la vita o sarebbe morto. E se avesse avuto una pistola? Avrebbe fatto una strage. È molto grave”, continua con la denuncia. 

“La polizia ha sottovalutato tutto. Voglio delle spiegazioni”

Casolari, con la voce da padre arrabbiato e preoccupato, continua: “Mio figlio mi ha chiamato quando era già sanguinante. “Papà corri, m’hanno accoltellato”. Mi ha detto. Non mi volevano fare entrare. C’è un video mio di quando tento di scavalcare la cancellata della polizia per entrare. Poi quando mi hanno aperto ho fatto un casino, quando sono entrato l’ho trovato sul pavimento in una pozza di sangue. C’erano le telecamere. Dico la verità. Ci siamo affidati ad un legale. Mi sono anche arrabbiato anche con il sindaco di Anzio, l’ho chiamato. Gli ho chiesto conto di quanto successo in commissariato”. 

“L’omicidio è una tragedia. Piango per loro e non smetterò di fare le mie condoglianze, ma hanno tentato di uccidere mio figlio in un commissariato di polizia. È di una gravità estrema. Perché hanno permesso al papà del ragazzo, che ha appena perso un figlio, di essere nello stesso luogo e alla stessa ora dove ci sono dei testimoni della tragedia? La polizia ha sottovalutato tutto. Gli era morto il figlio, c’è stata troppa leggerezza”, il punto di vista dell’uomo che aggiunge ancora: “Voglio delle spiegazioni dalla polizia, ecco anche perché mi sono rivolto ad un avvocato. Sono ancora un po’ incazzato, per usare un eufemismo. Sono entrato lì e l’ho visto in una pozza di sangue. Lui mi ha detto che stava morendo. Una immagine che avrò per sempre dentro”.

“Ribadisco. Quello dovrebbe essere il posto più sicuro al mondo. Ci sono stati dei poliziotti che hanno assistito alle sette ore di intervento di mio figlio. Si sono messi il camice e mi aggiornavano, sulle condizioni. Perché? Si sono spaventati. Se fosse morto ci sarebbero state gravi conseguenze”, quindi la conclusione: “Mio figlio è stato convocato lì da innocente, come testimone, dalla polizia e lì in un posto dello Stato ha rischiato di morire. La rabbia del padre di Muratovic potrebbe essere concepibile per certi versi, la mancata sicurezza no”. La polizia, contattata, da RomaToday al momento non ha smentito, né confermato ufficialmente che l’aggressione sia avvenuta nel corridoio del commissariato.

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