Il tribunale di Roma ha condannato il ministero della Difesa a risarcire con 600mila euro la famiglia del militare Leopoldo Di Vico, deceduto nel marzo del 2015 all’età di 58 anni, dopo una lunga malattia contro il cancro in seguito a esposizione ad amianto e altri cancerogeni, lasciando la moglie Anna Mostacci e i due figli Mario e Giuseppe, all’epoca di 27 e 31 anni, tutti attualmente residenti a Marcellina.
“Una dura battaglia – rende noto l’Osservatorio Nazionale Amianto – quella del luogotenente dell’Esercito Italiano, meccanico dei mezzi blindati e corazzati del Battaglione Meccanizzato Granatieri di Sardegna, impiegato anche in Albania e Kosovo, un’altra vittima dei proiettili all’uranio impoverito, dei metalli pesanti, e dell’amianto, che hanno provocato l’insorgenza del carcinoma uroteliale del bacinetto renale”.
Inizialmente il ministero della Difesa aveva negato il riconoscimento della causa di servizio e dello status di vittima del dovere, riconosciuto solo dopo la sua morte dopo un contenzioso giudiziario seguito dal presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, l’avvocato Ezio Bonanni, che aveva assistito legalmente il militare quando era ancora in vita.
“Quando fu sepolto Leopoldo, ricordiamo ancora il picchetto d’onore dell’Esercito Italiano – dichiara Bonanni – finalmente ora arriva la condanna anche al risarcimento del danno che però non riporterà in vita la vittima, una delle tante della sindrome dei Balcani”. “L’associazione da anni denuncia i rischi legati all’uranio impoverito, alle radiazioni e alle nanoparticelle che ne conseguono che hanno provocato non meno di 400 decessi solo per tumori emolinfopoietici tra tutti coloro che sono stati impiegati nelle missioni all’estero”, sottolinea ancora il presidente ONA.
AGI