Da una parte le cerimonie solenni, il tricolore avvolto attorno al feretro, le onorificenze postume. Dall’altra le formule burocratiche, il rifiuto opposto alle istanze previste dalla legge, le lungaggini giudiziarie. In mezzo la memoria di un militare che il 1° ottobre avrebbe compiuto 40 anni, se non fosse morto quando ne aveva appena 22, mentre serviva una patria che a parole promette ma nei fatti non mantiene: dopo che lo Stato ha riconosciuto Matteo Vanzan vittima del terrorismo, quello stesso Stato ha negato l’erogazione della liquidazione ai suoi familiari, in quanto l’allora caporale dei Lagunari era un volontario in ferma breve, quando partì da Camponogara per andare in missione di pace a Nassiriya.
LA TRAGEDIA
Era il 17 maggio 2004 in Iraq, erano i tempi dell’operazione Antica Babilonia. Il sito Onore ai Caduti rievoca così la vicenda: «Matteo aveva svolto la leva obbligatoria nel Corpo dei Vigili del Fuoco. Successivamente si era arruolato nell’Esercito, nel Reggimento dei Lagunari Serenissima, dove aveva maturato la decisione di essere volontariamente inviato a Nassiriya. Nel corso di uno scontro con dei miliziani ribelli, una granata di mortaio gli aveva reciso gravemente un’arteria femorale e dopo un disperato intervento chirurgico, il giovane Caporale spirava a soli ventitré anni, a causa delle gravi ferite riportate».
[sc name=”pubblicit” ][/sc]Alla tragedia seguirono la promozione a caporal maggiore e gli altri encomi. Il 7 aprile 2006 il presidente della Repubblica, che all’epoca era Carlo Azeglio Ciampi, conferì alla memoria di Vanzan la croce d’onore riservata alle vittime degli atti di terrorismo o degli atti ostili impegnate in operazioni militari e civili all’estero. Inequivocabile la motivazione: «Con il suo sacrificio ha contribuito in misura rilevante ad accrescere il prestigio dell’Italia e delle sue forze armate in ambito internazionale, tenendo alto l’ideale di pace e solidarietà fra i popoli». Il riconoscimento venne consegnato a mamma Lucia e a papà Enzo il successivo 21 giugno alla caserma Matter di Mestre. Durante la cerimonia, alla presenza delle massime autorità militari, civili e religiose, la bandiera di guerra del Reggimento Lagunari Serenissima venne decorata di una medaglia d’argento al valore dell’Esercito.
LA BATTAGLIA
Tre lustri dopo, la battaglia è un’altra. A combatterla sono quegli stessi genitori, omaggiati nella forma e umiliati nella sostanza, ora che come superstiti di Matteo chiedono all’Inps il riconoscimento del Trattamento di fine servizio, l’equivalente del Tfr per i dipendenti pubblici statali. Non bastasse l’estenuante attesa, la famiglia Vanzan ha dovuto pure prendere atto del rigetto espresso dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, convinto che «il militare, volontario in ferma breve all’epoca del decesso, non possa essere considerato titolare di un rapporto di impiego e non abbia perciò titolo all’erogazione del T.F.S.», come riferisce il Tar del Veneto in un’ordinanza pubblicata ieri. Di fronte al diniego ricevuto, i familiari si sono infatti rivolti al Tribunale amministrativo regionale, per chiedere la condanna dell’ente vigilato dal ministero del Lavoro al pagamento dell’emolumento, in base alla legge emanata nel medesimo anno in cui scomparve il giovane. I giudici hanno però hanno però rilevato che «il ricorso potrebbe risultare inammissibile per difetto di giurisdizione», in quanto la competenza sarebbe del Tribunale ordinario. Per i magistrati amministrativi, «l’oggetto del giudizio appare polarizzato attorno all’accertamento del presupposto diritto all’erogazione delle provvidenza previste per le vittime del terrorismo, secondo un’interpretazione del contesto normativo, prospettata dai ricorrenti, volta ad assicurare in concreto quella prestazione generalizzata che la legge prevede anche a chi teoricamente ne sarebbe escluso, e che deve trovare (…) una via interpretativa per evitare quella ingiustificata disparità di trattamento che si realizzerebbe escludendo il caso in esame da una prestazione assicurata eccezionalmente anche ai lavoratori autonomi». Così alle due parti sono stati dati dieci giorni di tempo, per presentare memorie sulla questione. Dopo 17 anni, il dramma continua.