Il Tar dell’Emilia-Romagna non ha accolto le sue ragioni e così è pronto a ricorrere al Consiglio di Stato il maresciallo dei carabinieri che è stato sanzionato per aver fatto, libero dal servizio, il dj in uno stabilimento balneare della provincia di Forlì-Cesena in alcune occasioni fra il 2017 e il 2019.
Proprio così: con la divisa addosso per lavoro e nel tempo libero in consolle, a «feste, sfilate e serate musicali», in locali pubblici. Abbastanza, per il comando provinciale di Forlì-Cesena della Legione dei carabinieri dell’Emilia-Romagna, per staccargli una sanzione disciplinare, quella della «consegna» per due giorni. Il militare si è sempre difeso sostenendo di aver informato per tempo l’Arma di questa sua attività.
Il locale si trova nella zona dove lavora il carabiniere
L’Arma però, di suo, contesta la legittimità della vicenda, soprattutto perché il locale rientra nella giurisdizione in cui opera il maresciallo che potrebbe, quindi, trovarsi nella situazione di dover fare un controllo. Al centro della contestazione «due profili di social network non riportanti il suo nome reale, ma direttamente e palesemente a lui riconducibili, per pubblicare diverse fotografie che lo ritraevano». Foto che riguardavano gli eventi musicali appunto.
La difesa del carabiniere
I giudici hanno dato ragione ai vertici dell’Arma che si erano costituiti contro il ricorso. Ad esempio perché il militare aveva detto di voler svolgere «saltuaria attività hobbistica» di dj in Comuni fuori dalla giurisdizione dove era effettivo all’epoca della domanda di autorizzazione, e comunque in feste parrocchiali, centri estivi parrocchiali e contesti privati. Le foto dei social invece lo ritraggono in «feste sfilate e serate musicali» in locali pubblici e stabilimenti balneari, almeno quattro ricadenti «nella giurisdizione di competenza del reparto ove risulta attualmente effettivo, eventi pubblicizzati su locandine nei locali stessi e pubblicizzati sui social».
Il maresciallo, a sua difesa, per ogni caso contestato ha fornito una ricostruzione e giustificazione. Per il Tar però non può essere accolta la tesi per cui il fare il dj ricade tra le «attività artistiche, culturali e ricreative». Perché, è la motivazione, in lidi balneari o locali di intrattenimento pubblico, seppur a titolo gratuito, si è svolta un’attività «strumentale rispetto a quella principale, di natura commerciale o economica, e quindi diretta ad integrare quella principale, propria di un lido balneare o di un esercizio pubblico».
L’accordo verbale e il ricorso al Consiglio di Stato
Dopo il «no» del Tar ora il ricorso passerà all’attenzione del Consiglio di Stato. Si basa sull’assunto che il maresciallo aveva ottenuto un «ok» verbale, che l’attività di dj era occasionale e senza scopo di lucro e che non avrebbe in alcun modo leso l’immagine dell’Arma.
Il sindacato difende il maresciallo: «Grave che si controllino i social»
E a solidarizzare con lui è il Nuovo sindacato carabinieri. «Leggere in pubbliche sentenze – dice il segretario del Nsc Massimiliano Zetti – che alcuni dirigenti dell’Arma dei carabinieri operano il monitoraggio dei profili di social network riconducibili al personale dipendente, mi fa molto riflettere proprio oggi 2 giugno, nel giorno dei festeggiamenti della Repubblica».
Per Zetti «un controllo preventivo insopportabile che richiama alla memoria anni bui della nostra storia – commenta – In un paese ben incardinato nelle democrazie europee, pensare che ci sia un utilizzo di risorse umane e tecnologiche per svolgere certe azioni di controllo sul personale, mi spinge ancora di più a diffondere la vera cultura sindacale nel mondo militare per tutelare il rispetto dei diritti, compresi quelli fondamentali garantiti dalla Costituzione».