Stava pregando nella cattedrale di San Lorenzo quando i carabinieri sono entrati in chiesa e lo hanno arrestato. “Siete sicuri che sia io il Pasquale che state cercando?”, ha detto ai militari il boss Pasquale Bonavota, 49 anni, ricercato inserito nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità del “Programma Speciale di Ricerca” del Ministero dell’Interno.
Molto smagrito e dimesso rispetto alle foto di identificazione diffuse, Bonavota è stato rintracciato dopo un pedinamento nel centro storico.
Perquisito anche il suo appartamento nel quartiere di San Teodoro, dove sono stati trovati 20mila euro in contanti, almeno 4 carte d’identità, diversi abbonamenti del bus e una decina di cellulari.
A portare i carabinieri all’identificazione è stata un’attività di indagine sulla cerchia di contatti del boss, in particolare sulla moglie, un’insegnante residente a Sampierdarena. Le forze dell’ordine erano sulle sue tracce dopo che il Tribunale di Catanzaro aveva emesso un’ordinanza cautelare nell’ambito dell’indagine ‘Rinascita – Scott’ del Ros.
Era da solo, in raccoglimento, nulla ci fa pensare che dovesse incontrare qualcuno o fare altro rispetto a quello che lo abbiamo visto fare”, ha commentato il comandante provinciale dei carabinieri di Genova Gerardo Petitto. “Ha esibito un documento falsificato intestato a una persona di Sant’Onofrio, in provincia di Vibo Valentia, ma è stato riconosciuto subito”.
Bonavota è ritenuto responsabile dei reati di partecipazione ad associazione mafiosa, con il ruolo di promotore della cosca Bonavota, della ‘Ndrangheta di Sant’Onofrio, in provincia di Vibo Valentia. É stato fermato in cattedrale mentre era intento a pregare e trovato con documenti falsi.
“C’è stata un’ottima sinergia tra il Ros, il nucleo investigativo e il supporto dei colleghi di Vibo Valentia. – ha commentato il comandante del reparto operativo Michele Lastella – Insieme siamo riusciti a capire che almeno in quest’ultimo periodo fosse a Genova.
I sospetti erano fortissimi, nell’ultimo periodo avevamo iniziato il pedinamento a soggetti che potevano essere a lui legati, siamo riusciti a individuarlo a passeggio nelle vie centrali del centro storico, lo abbiamo seguito finché non abbiamo avuto la certezza che fosse lui e siamo intervenuti poco dopo il suo ingresso in chiesa”.
Gli interessi del boss si erano concentrati in Piemonte, tra Moncalieri e Carmagola, dove, tra il 2015 e il 2016, Bonavota era stato assunto fittiziamente in una ditta della provincia di Torino, intestata a sua volta a un prestanome delle cosche.
“Nella sua area di riferimento ha una rilevanza, – ha spiegato il comandante della Sezione Anticrimine Fabrizio Perna – come ce l’ha nel suo complesso nell’ambito dell’organizzazione ‘ndranghetista nel suo complesso.
Il risultato odierno è il frutto di una manovra complessiva fatta dai carabinieri, un risultato possibile grazie a un’attività univoca, compiuta senza protagonismi, né smanie di arrivare a un risultato che da soli non può essere conseguito”,
Nel comune alle porte di Torino, dove ci sono infiltrazioni delle famiglie vibonesi colpite da operazioni della DDA di Torino, i Bonavota avevano aperto un bar.