Il nuovo stemma araldico dell’Arma dei carabinieri, concesso con DPR 21 maggio 2002, è il risultato di un recupero di tutti gli elementi succedutisi nella vicenda araldica dell’Arma, innestati in un percorso araldico rigoroso e in un modello grafico più armonico.
Nel Decreto, lo stemma viene così descritto:”Scudo di forma mistilinea: di rosso, inquartato dalla croce diminuita d’argento, il I e il IV alla mano destra recisa d’argento, posta in banda, impugnante il serpente di verde, allumato e linguato di nero, avvolgente la mano stessa, con la testa e la coda volte a destra; il II e III alla granata d’oro, infiammata dello stesso;
al capo d’azzurro caricato dal leone illeopardito passante d’oro, allumato e linguato di rosso, armato d’oro, sostenuto dalla linea di partizione, attraversante il tronco del rovere d’argento sradicato, coi rami doppiamente decussati, ghiandifero di otto d’oro.
Sotto lo scudo, su lista svolazzante d’azzurro, il motto in lettere maiuscole lapidarie romane d’oro “NEI SECOLI FEDELE”.
Lo scudo è timbrato dalla corona turrita d’oro, merlata alla guelfa, murata di nero, formata dal cerchio, rosso all’interno con due cordonate di muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili), le torri di foggia rettangolare, merlate di dodici (quattro merli visibili, due angolari), chiuse e finestrate di uno di nero, il fastigio merlato di quarantotto (ventiquattro visibili), sei merli fra torre e torre”.
La corona
Le norme in materia araldica oggi in vigore sono contenute nel R.D. 7 giugno 1943, n.652 “Regolamento per la Consulta Araldica del Regno”. L’articolo 94 stabilisce che “Gli Enti morali possono fregiare la loro arma ed insegna con quelle corone speciali, delle quali si proverà la concessione e il possesso legale”.
La recente riforma aveva creato, per gli enti militari dell’Esercito, una nuova corona murata di otto torri (cinque delle quali visibili). Fu una riforma importante, perché, per la prima volta nell’araldica militare del dopoguerra, era stato introdotto un elemento unificante e, soprattutto, un richiamo nitido e inequivocabile al nostro ordinamento repubblicano.
Come le altre, la nuova corona ha otto torri (cinque delle quali visibili), un chiaro riferimento al paesaggio urbano delle migliaia di entità territoriali nelle quali l’Arma è da sempre radicata. La forma delle torri, più vicina all’iconografia comunale, è di uno slanciato parallelepipedo, dotato di una porta e di una finestra, alla cui sommità si innesta la zona di difesa. Così conformata, la corona riesce a soddisfare le esigenze di analogia, di unicità, di eleganza.
Lo Scudo
La forma dello scudo è la stessa del 1935. Da un punto di vista estetico, questo particolare forma bucranica è molto felice e, soprattutto, consente di disporre di un ampio spazio per collocare le figure araldiche, come si vedrà in seguito:
gli indicatori delle ricompense: il nuovo stemma non porta alcun segno onorifico, alla stregua delle insegne delle altre Forze Armate.
Se ciò risultava necessario, alla pari degli altri Corpi, quando i Carabinieri facevano parte dell’Esercito, nella dignità di Forza Armata è già compresa l’idea del valore;
il capo: nella parte superiore dello scudo ricompare l’antico capo d’azzurro nel quale si innestano, opportunamente modificate, le figure araldiche dello stemma del 1989;gli elementi del capo:
a) il leone: l’attuale branca di leone che afferra il serpente diventa il leone, la parte si trasforma nel tutto. I motivi sono diversi: il leone passante, che dispiega il proprio corpo lungo tutta l’area orizzontale del capo, consente di riempire bene lo spazio; il leone è simbolo di fierezza, di nobiltà e di primato; l’oro del leone sull’azzurro del campo va a comporre un felicissimo legame cromatico.
Naturalmente, il leone non afferrerà il serpente: come vedremo, il simbolo della saggezza comparirà in altra forma;
b) la quercia: l’inserimento della quercia nello stemma repubblicano dell’Arma risulta assai efficace, perché traduce il simbolo classico della forza, della saldezza, del valore. Senonché, la divisione diagonale dello scudo del 1952 ha penalizzato molto la figura arborea, che risultava eccessivamente compressa e sacrificata.
Inoltre, si era scelto di rappresentare la pianta in maniera fortemente veristica, mentre l’araldica prevede anche una raffigurazione molto più sintetica ma, certamente, più equilibrata: il rovere di quercia più diffusa in Italia.
Il rovere è dunque collocato dietro al leone passante, al centro del capo, nella corretta foggia araldica del rovere sradicato.L’albero è d’argento, fruttato d’oro, a simboleggiare la fecondità dei principi e degli ideali dell’Arma, che attraversano intatti e rinvigoriti il succedersi delle generazioni;
il campo dello scudo: sotto il capo si dispiega l’intero campo dello stemma originario, di rosso alla croce diminuita d’argento (un riferimento agli alamari), accantonata dalle due mani d’argento che tengono il serpente di verde e dalle due granata infiammate.
Queste ultime riacquistano in tal modo la rilevanza dovuta ad un simbolo che si è radicato familiarmente nell’iconografia e nella considerazione collettiva;
il cartiglio: sotto lo scudo, la lista svolazzante d’azzurro (simbolo dello status militare), in una forma più semplificata dell’originaria, reca il motto “NEI SECOLI FEDELE” in lettere lapidarie dorate romane.