Il Ministero della Difesa lo aveva licenziato dopo la condanna, passata in giudicato, per il ruolo svolto in una cruenta rapina. Il provvedimento disciplinare, però, è stato cancellato dal giudice del Lavoro di Taranto.
Il magistrato, infatti, ha cancellato il licenziamento e ha disposto il reintegro del lavoratore, oltre all’obbligo per il Ministero di pagargli gli stipendi non percepiti, da due anni a questa parte, ovvero da quando l’uomo era stato costretto a lasciare il suo ufficio.
A beneficiare della decisione del giudice del Lavoro Annamaria Lastella è stato un tarantino di 52 anni, dipendente civile in servizio negli uffici della Marina Militare.
Il magistrato, infatti, ha accolto il ricorso presentato dal difensore del lavoratore, l’avvocato Fabrizio Del Vecchio, e ha ordinato il reintegro del dipendente. Come accennato, il licenziamento del tarantino era scattato nel maggio del 2021, quando era diventata definitiva la condanna a quattro anni di reclusione del 52enne, per una rapina avvenuta nel 2003, ovvero ben diciotto anni prima.
L’uomo era finito sotto processo con l’accusa di aver fatto irruzione armato di pistola e con il volto coperto da passamontagna nell’ufficio di una compagnia di assicurazioni. E di essere fuggito con il bottino di oltre settemila euro dopo aver colpito con violenza alla testa una delle vittime con il calcio dell’arma. Per quella rapina è stato condannato a quattro anni.
E la sentenza è divenuta definitiva a gennaio di due anni fa, con l’imputato che venne arrestato per scontare la pena e ottenere, poco dopo, l’affidamento ai servizi sociali.Quel verdetto passato in giudicato, quindi, aveva spianato la strada alla decisione del Ministero di procedere con il licenziamento, per giusta causa dell’impiegato. Provvedimento scattato a maggio dello stesso anno.
I legali del ministero
Secondo i legali del Ministero infatti, «quella condotta penalmente rilevante rappresenta un fatto di estrema gravità che, per le modalità con le quali è stato perpetrato è idoneo ad infrangere definitivamente quel rapporto fiduciario che deve sorreggere la relazione sinallagmatica tra pubblico dipendente e datore di lavoro pubblico.
L’azione oltre a connotarsi per evidente disvalore sociale si pone in aperta violazione di quei principi di lealtà, fedeltà e correttezza che rappresentano il presupposto del rapporto di lavoro al servizio della pubblica amministrazione».
Valutazioni contestate in Tribunale dall’avvocato Del Vecchio. Il legale nel suo ricorso ha rilevato che la condanna del suo assistito attiene ad un solo episodio peraltro lontano nel tempo. E ha sottolineato che dal 2003 in poi il tarantino non solo non ha più commesso alcun tipo di reato ma che si è contraddistinto come impiegato modello nel suo lavoro. A conforto di quest’ultimo argomento, il legale ha fatto riferimento alle deposizioni dei colleghi e dei superiori dell’uomo, tra questi anche un alto ufficiale della Marina.
Tutti hanno confermato le qualità del lavoratore e l’attenzione e la diligenza con la quale si è sempre distinto sul posto di lavoro.Il quadro illustrato dalla difesa, quindi, ha trovato concorde il giudice per il quale, si legge nella sentenza, «non considerare il mutamento della condotta del ricorrente e l’antica risalenza dei fatti posti a base del licenziamento significherebbe ignorare un importante e significativo elemento sopravvenuto che, allo stato, non giustifica la conferma, all’attualità, del licenziamento per giusta causa, per mancanza del requisito della proporzionalità, dovendosi decidere il caso ad oggi, e non soffermandosi a ciò che ebbe ad accadere nel lontano 2003».
Di qui la decisione di annullare il provvedimento disciplinare e di disporre il reintegro del funzionario e il pagamento degli stipendi non percepiti dal momento del licenziamento. fonte: quotidianodipuglia.it