Un maresciallo dei carabinieri procacciava clienti a due avvocati: tutti e tre sono indagati dalla Procura della Repubblica di Brindisi.
Il sottufficiale – è emerso dall’indagine coordinata dal sostituto procuratore Giuseppe De Nozza – aveva il «vizio», quando arrestava o denunciava una persona, di suggerire a questa il nome dell’avvocato da nominare. Il nome era sempre lo stesso, ovvero quello di una professionista a cui il maresciallo era – ed è – sentimentalmente legato. L’avvocatessa in questione sistematicamente veniva affiancata nella difesa da un altro avvocato del foro di Fasano. La cosa, a quanto pare, è andata avanti un bel po’ di tempo sino a quando un altro avvocato non si è insospettito e ha segnalato la cosa al diretto superiore gerarchico del maresciallo. E’ partita l’indagine, che è stata svolta dagli stessi carabinieri. L’Arma ha gli anticorpi per fronteggiare questo tipo di (eventuali) storture: prima ancora che gli accertamenti fossero conclusi, il sottufficiale in questione è stato trasferito.
Chiuse le indagini, il pm titolare del fascicolo ha fatto notificare ai tre indagati il relativo avviso. I reati che vengono ipotizzati a loro carico sono abuso d’ufficio e falsità ideologica commessa da un pubblico ufficiale in atti pubblici. Nel corso degli accertamenti gli investigatori hanno documentato sette presunti episodi illeciti. Agli atti di indagine ci sono i verbali delle dichiarazioni rese da sette persone arrestate o denunciati dal maresciallo in questione, che hanno riferito agli investigatori che il sottufficiale gli aveva indicato il nome del difensore da nominare. Così facendo – è in estrema sintesi la conclusione a cui è giunto il pm – il maresciallo avrebbe procurato un ingiusto profitto alla sua compagna e, indirettamente, anche al collega a cui l’avvocatessa era solito associarsi nelle difese.
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