Le operazioni multi-dominio sono una naturale evoluzione dell’arte della guerra o porteranno a una vera e propria rivoluzione negli affari militari, quel cambio di passo storico e irreversibile che rende obsoleto tutto ciò che lo ha preceduto? Questa è la domanda che, ormai da un paio d’anni, si è imposta nelle riflessioni degli addetti ai lavori a tutti i livelli, dalle singole Forze armate alle “stanze dei bottoni”, e al momento mancano ancora risposte certe. Persino gli stessi significati di “operazioni multi-dominio” (Mdo) e “rivoluzione negli affari militari” (Rma) sfuggono a una definizione che sia univoca e universalmente accettata. Quello che sembra ormai certo è che le nuove tecnologie, cosiddette “disruptive”, stanno imponendo un cambio di passo che costringerà, nel prossimo decennio, a un ripensamento generale organizzativo e dottrinale del mondo militare. È quanto emerso alla conferenza “Le Operazioni Multi-Dominio: una nuova rivoluzione negli Affari Militari?” organizzato dal Centro studi internazionali (Cesi) in collaborazione con lo Stato maggiore dell’Esercito.
L’OPERAZIONE MULTI-DOMINIO
Di una cosa gli esperti si dicono certi, la tecnologia cambierà il modo di combattere, e in particolare quella riferita al più ampio campo delle informazioni. Un’operazione multi-dominio è, infatti, un modo di strutturare un’operazione militare prendendo in considerazione contemporaneamente tutti i domini militari, da quelli classici terrestre, marittimo e aereo, ai nuovi spaziale e, soprattutto, cyber. Un modo di pensare che superi persino il modello “joint”, nel quale le varie forze armate collaborano e si coordinano anche molto strettamente ma rimanendo ciascuna nel proprio ambito.
LO STRUMENTO GIUSTO AL MOMENTO GIUSTO
Dunque, un approccio Mdo non è una semplice sommatoria di forze a cui aggiungere satelliti e computer, ma una sincronizzazione di obiettivi e strumenti capace di assicurare alle proprie forze la libertà di azione sempre e dovunque (anche nell’immateriale spazio cibernetico) e, contemporaneamente, capace di imporre all’avversario dei dilemmi strategici irrisolvibili che facciano pendere l’ago della bilancia a suo sfavore. Nelle parole del generale (in ritiro) Philip Breedlove, 17esimo comandante supremo alleato in Europa: “Si tratta di consegnare lo strumento giusto al momento giusto al combattente sul campo di battaglia”.
CYBER, UNA SPADA A DOPPIO TAGLIO
A permettere questa “sincronizzazione” delle dimensioni è, senza dubbio, la tecnologia informativa in senso lato, capace di raccogliere, analizzare e diffondere dati e informazioni lungo tutta la catena di comando e controllo in tempi rapidissimi. Come illustrato dal capo di Stato maggiore dell’Esercito, generale Pietro Serino: “la dimensione cyber, l’unica dimensione immateriale e non-fisica, agisce e integra tutte le altre e i loro strumenti”. Questa capacità è, però, al contempo una risorsa e una sfida, perché aumenta in modo esponenziale la mole di dati riducendo i tempi di risposta non solo dell’avversario, ma anche della “propria” parte. “L’organizzazione classica di un’operazione militare prevedeva una triade di fattori: spazio, tempo e forze; il cyber comprime il tempo, dilata lo spazio e rende meno rilevanti le forze”.
LA DOTTRINA GERASIMOV
A complicare ulteriormente le cose è, ovviamente, la presenza di un avversario che, secondo gli esperti, ha pienamente compreso la direzione in cui stanno andando i conflitti nel futuro: la Russia. La cosiddetta “dottrina Gerasimov”, delineata dal Capo di stato maggiore generale delle Forze armate russe Valerij Gerasimov, non solo delinea l’utilizzo di tutte contemporaneo e sincronizzato dei domini militari, ma lo esporta anche a quei domini “grigi” come la disinformazione e la destabilizzazione politica. Esempi di messa in opera della dottrina Gerasimov vanno dalla guerra in Georgia alle operazioni in Ucraina. Il sincronismo multi-dominio, allora, potrebbe non essere più una semplice “rivoluzione militare”, quanto un vero e proprio paradigma innovativo nell’utilizzo di tutti gli strumenti a disposizione di uno Stato, che siano politici, diplomatici o militari.