Erano finiti in manette per furto e si stava svolgendo il processo per direttissima proprio nei loro confronti ma i due ladri hanno continuato a delinquere perfino nell’aula di giustizia.
Hanno sottratto il telefonino cellulare di un carabiniere della scorta, approfittando di una pausa dell’udienza e di un attimo di distrazione. Con rapidità e destrezza, uno ha preso il telefono dal banco dove era posato e l’ha passato all’altro, che ha cercato di nasconderlo nei pantaloni.
Ma i due sono stati notati inevitabilmente dai carabinieri e la refurtiva è stata presto recuperata. Più sfacciati di così non potevano dimostrarsi un 27enne aretino ed un 37enne originario della Tunisia che per questa prodezza commessa al tribunale di Arezzo ieri sono stati processati e condannati.
Sei mesi di reclusione a testa: questa la pena inflitta dal giudice Filippo Ruggiero dopo il dibattimento e le conclusioni nelle quali gli avvocati Gabriele Cassioli e Gianni Bertuccini hanno portato elementi e ragioni per attenuare le conseguenze penale per i loro assistiti. I difensori hanno chiesto e ottenuto di derubricare il reato da furto a tentato furto.
E l’aggravante del reato ai danni di un pubblico ufficiale è stata compensata dalla tenuità del valore del cellulare, un modello non nuovissimo.
Il caso è davvero singolare: un furto perpetrato durante un processo.
I due erano tratti a giudizio, in concorso, “perché all’interno dell’aula giudiziaria del tribunale di Arezzo, nel corso dell’udienza di convalida di arresto nei confronti degli imputati, si impossessavano del telefono cellulare marca Huawei P20 Lite di proprietà del pubblico ufficiale in servizio di assistenza”.
L’episodio risale al 9 agosto 2018. L’udienza si celebrava dopo un furto avvenuto in città e si movimentò improvvisamente per l’improvvida alzata di ingegno dei due arrestati. Alla faccia del tribunale e della legge. Scoperti, finirono per aggravare la loro posizione. Ieri la sentenza.