Giuseppe Russo, Carabiniere scomodo – 20 agosto 1977. Quella sera di fine estate il Colonnello dei Carabinieri Giuseppe Russo stava passeggiando nella piazza di Ficuzza in compagnia di Filippo Costa, un insegnante che lo stava aiutando a scrivere un libro, quando tre uomini, scesi da una Fiat 128, spararono alcuni colpi di pistola noncuranti dei passanti.
L’intento era quello di uccidere l’ufficiale, ma a pagare il prezzo di quella eliminazione fu anche l’amico. Mentre l’auto verdina si allontanava indisturbata per le stradine della frazione di Corleone, per i due vecchi amici non c’era più nulla da fare.
L’ufficiale non ha avuto il tempo di capire, né la possibilità di usare la pistola d’ordinanza dalla quale raramente si separava e che quel giorno aveva lasciato a casa. Alto, baffetti, gran fumatore e tiratore scelto. L’hanno ucciso quando era disarmato, senza che avesse il tempo di accendersi l’ultima sigaretta. I proiettili del fucile usato per il colpo di grazia al Colonnello hanno colpito a morte anche il professore, forse per non lasciare testimoni. L’orologio aveva appena segnato le 22.00.
Russo era un militare tutto d’un pezzo, un uomo di fiducia del generale Carlo Alberto dalla Chiesa, un investigatore capace che aveva indagato sull’assassinio del procuratore Pietro Scaglione e sulla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro. Le sue inchieste avevano aperto le porte delle patrie galere a molti boss e ai loro gregari.
Prima di dare un nome a quei volti era importante trovare un movente. Nelle indagini c’erano poche certezze. La calibro 38 era già stata usata per uccidere. L’auto rubata a Palermo fu ritrovata a pochi chilometri ormai avvolta dalle fiamme.
Si scava a fondo per risolvere il mistero di quell’agguato. Si cerca nel passato dell’insegnante di Misilmeri, una pista improbabile forse, ma non impossibile. La vita del Colonnello, Nini per gli amici, invece, era stata dedicata a combattere la “mafia”, di cui aveva cercato di conoscere e svelare i segreti. Il Carabiniere calabrese era l’unico, insieme al giudice Cesare Terranova e al commissario Boris Giuliano, ad aver intuito la pericolosità dei Corleonesi.
Negli ultimi tempi si diceva che il colonnello fosse deluso. Si era messo in aspettativa otto mesi, ufficialmente per motivi di salute.
Giuseppe Russo, Carabiniere scomodo: una ‘vendetta’ di Cosa Nostra
Per l’omicidio del tenente colonnello e del suo amico professore furono inizialmente condannati tre pastori di Camporeale. Hanno trascorso sedici anni in Carcere, ma è stato un errore giudiziario. I killer non potevano essere loro che non erano “uomni d’onore”: la pistola ritrovata in casa del primo che ha tirato in ballo gli altri due non avrebbe mai potuto sparare.
C’è voluto del tempo per arrivare a una “verità”. Le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia hanno disegnato un quadro diverso dell’omicidio, ordinato da Cosa Nostra. Giuseppe Russo aveva attirato l’attenzione dei Corleonesi “mettendo il naso” negli affari dei padrini. leccenews24.it