Entravano nel sistema informatico negli orari più disparati, talvolta al mattino presto o alla sera tardi, magari pensando di essere al riparo da altri occhi indiscreti. Digitavano il nome di parenti, soprattutto. Senza averne titolo. Altre volte erano gli amici a essere controllati, o personaggi noti: qualcuno ha cercato Guido Bertolaso, per esempio.
Parecchi hanno chiesto al sistema informazioni su Riccardo Ravera, nome di battaglia “ Arciere”, ex maresciallo dei Ros dalla carriera altalenante, dagli onori di essere stato il braccio destro del capitano Ultimo nella cattura di Totò Riina alle inchieste giudiziarie che lo hanno toccato a Torino.
È stata un’inchiesta coordinata dalla procura di Torino a ricostruire una rete di pubblici ufficiali appartenenti alle forze dell’ordine che aveva effettuato una serie di accessi abusivi allo Sdi, la banca dati interforze che contiene tutte le informazioni acquisite dalle forze di polizia: se una persona sia stata controllata in strada o in un locale, e con chi, se abbia precedenti penali o procedimenti in sospeso.
Cinque persone — quattro carabinieri e un poliziotto della penitenziaria — risultano indagate dal pm Gianfranco Colace, ma si tratta della punta di un iceberg: per decine di altri agenti, infatti, sono stati accertati accessi abusivi ma in date risalenti nel tempo e il reato risulta prescritto. Semplice curiosità di spiare le vite degli altri? O quelle ricerche partivano dalla richiesta di qualcuno che voleva sapere se la magistratura avesse acceso un faro su di lui? O tutt’e due le cose?“ Indagini”, “ certificazione antimafia”, “ accertamenti di pg” erano le motivazioni per quei controlli ingiustificati o quantomeno sospetti.
L’inchiesta sugli accessi abusivi ha preso le mosse indagando su Luigi Paolo De Ciutiis, maggiore dei carabinieri alla Legione Piemonte e Valle d’Aosta, protagonista di una vicenda giudiziaria che lo ha portato a una condanna per corruzione. A margine di quel processo è maturata anche l’indagine sugli accessi abusivi. Il cognome De Ciutiis compare diverse volte: il maggiore ha controllato numerosi parenti, ma è entrato nel sistema informatico anche per verificare la posizione di carabinieri implicati nelle sue traversie penali. Ha spiato anche imprenditori e medici. E poi ha controllato “Arciere”.
De Ciutiis non è stato l’unico. Almeno una decina di carabinieri con cui “Arciere” aveva lavorato, e che si erano poi trasferiti in giro per l’Italia, hanno digitato una ventina di volte il nome di Ravera negli anni tra il 2010e il 2016, ma si tratta di episodi finiti in prescrizione e non è agli atti alcun legame tra Arciere e queste ricerche, tanto che non è indagato.
Nei guai è finito anche Filippo Cardillo, ex comandante della stazione dei carabinieri di San Salvario, indagato in concorso con un collega di Barriera Piacenza che nel 2017 aveva controllato la posizione di Cardillo allo Sdi. Proprio in quel periodo stava prendendo forma l’inchiesta che ha portato alla condanna definitiva dell’ex comandante di stazione per truffa, abuso d’ufficio e falso.