Il caso di un candidato all’accesso nella polizia penitenziaria. La commissione esaminatrice deve sempre fare una valutazione di idoneità
l solo tatuaggio non può essere considerato elemento per l’esclusione di un candidato dal concorso. È, in sintesi, uno dei motivi per cui il Tar del Lazio ha accolto, con la sentenza numero 02063/2022, il ricorso di un candidato per l’accesso al Corpo di polizia penitenziaria.
Il caso
La vicenda nasce quando nell’ambito del concorso per titoli ed esami a 375 posti di allievo agente maschile del ruolo degli agenti e assistenti del Corpo di polizia penitenziaria, bandito il 29 novembre 2011, la commissione medica giudicatrice esprime parere di non idoneità. Il candidato, quindi, presenta ricorso al Tar contro il giudizio collegiale «espresso in termini di non idoneità per tatuaggio esimente per sede».
Per la difesa, che parla di violazione dell’articolo 123 dell’ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, non sarebbe «stato esaminato in concreto il tatuaggio, alla luce delle certificazioni mediche attestanti la rimozione in corso, e della mancata valutazione in ordine alla configurabilità di un indice di personalità abnorme».
Resiste il ministero della Giustizia che deposita la propria documentazione. In sede cautelare, nel 2018, il Tar accoglie l’istanza del ricorrente «rilevato che il tatuaggio in parola … è in corso di rimozione chirurgica, come già emergente dallo stesso verbale della Commissione, alla luce delle foto depositate dall’interessato, non risulta ictu oculi rientrante tra le cause di esclusione previste dalla norma richiamata dall’Amministrazione, attesa la sua insuscettibilità a risultare visibile con l’uniforme estiva”, ammettendola, con riserva, alla prosecuzione del concorso».