Il poliziotto di Ischia e l’omaggio del premier: «Abitavo lì vicino, quelle scene straziano il cuore»

poliziotto di Ischia
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«E pensare che abitavo a 700 metri in linea d’aria da via Celario. Il terremoto dell’agosto 2017 mi ha buttato giù la casa di famiglia e da allora vivo in un’altra zona. Tornarci sabato mattina per salvare delle vite dal fango mi ha fatto molta impressione». Massimo Gravina, assistente capo coordinatore della polizia di Stato, è il soccorritore immortalato nella foto che il premier Giorgia Meloni ha postato giovedì mattina mentre mette in salvo una bambina a Ischia

«Da Casamicciola una foto che trasmette speranza, simbolo del grande lavoro dei tanti soccorritori impegnati da giorni ad aiutare la popolazione. Il Governo e l’Italia tutta vi sono grati», ha scritto ancora la presidente del Consiglio. 

«Mai vista una cosa del genere prima d’ora, questi complimenti fanno piacere a me e a tutti i colleghi che quella mattina stavano con me su quella montagna. Sono la dimostrazione dell’unione dello Stato alla popolazione colpita da una tragedia così grande», dice proprio il poliziotto, che aggiunge: «Per me poi il significato è doppio perché sono un casamicciolese doc».

Cinquantadue anni il prossimo aprile, in polizia da 25, da dieci in servizio presso la Questura di Napoli e al commissariato di Ischia, Gravina è stato fra i primi soccorritori a raggiungere la zona travolta dal fango, dove ci sono stati i morti. «In realtà sabato scorso ero di servizio pomeridiano, ma quando al 113 sono cominciate ad arrivare le chiamate da parte della gente terrorizzata il nostro dirigente Ciro Re ci ha richiamati tutti subito per far scattare i soccorsi. Sembra strano, ma fino al giorno prima c’era il sole, niente faceva presagire una cosa di questo tipo – racconta ancora il soccorritore -.

Ci siamo precipitati sul posto io, l’ispettore Gennaro Di Filippo, anche lui di Ischia, l’assistente capo Emanuele Le Noci e l’agente scelto Corrado Pezzella, tutti e due di Napoli ma ormai isolani d’adozione. Davanti a noi un paesaggio lunare, tutti coperto dal fango, da un lato le case non c’erano più, dall’altro esistevano ancora ma la frana rischiava di portare via anche quelle con la gente dentro. Qualcuno che scendeva a piedi lo abbiamo accompagnato, ma gli altri li abbiamo dovuti raggiungere noi».

Momenti drammatici «anche perché continuava a piovere forte – dice l’assistente capo – affondavamo fino al bacino nel fango, sembravano le sabbie mobili, non sapevamo cosa ci fosse sotto, e senza alcun appiglio. Abbiamo cercato di reggerci, di fare una catena umana, di mettere in mezzo tronchi e assi di legno, tutto quello che trovavamo, per costruire un passaggio e per non andare giù. Alla fine abbiamo raggiunto otto persone, bambini e anziani compresi, parenti delle vittime.

Ho preso in braccio la bimba di quattro anni: ha capito, era impaurita ma si è stretta a me e l’ho portata giù. Sono un tipo abbastanza coriaceo, duro, ma vivere di persona situazione del genere spezzano il cuore a tutti». «La gente era in pigiama, con le pantofole, qualcuno era riuscito a mettersi addosso quello che trovava – continua Gravina – abbiamo portato giù i più anziani che non camminavano bene. Una tragedia comunque, al posto di un parcheggio e di una strada di collegamento con un dislivello di quattro metri c’era solo fango». (roma.corriere.it)

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