Nicola Gratteri è stato eletto dal Csm per ricoprire il ruolo di procuratore di Napoli. Una nomina attesa da tempo e che ha visto anche oggi il Consiglio superiore della magistratura spaccato: 19 voti sono andati all’ormai ex capo della procura di Catanzaro, 8 alla procuratrice aggiunta della città partenopea Rosa Volpe e 5 al procuratore di Bologna Giuseppe Amato.
A essere determinante per la maggioranza dei votanti è stato il curriculum del magistrato: 140 latitanti arrestati in tutte le operazioni condotte, alcuni anche nella lista dei 30 più pericolosi.
Nato nel 1958 a Gerace, nella Locride, terzo di cinque figli, dopo la laurea a Catania e il concorso torna nella sua terra per cominciare a fare il magistrato. Esordisce come giudice istruttore proprio a Locri e da subito si occupa di inchieste da prima pagina, in materia di politica e mafia.
Non ha ancora trent’anni quando dispone l’arresto di un assessore regionale socialista, che provoca la caduta della giunta rossa. Allora gli viene assegnata per la prima volta la scorta, che tuttora lo segue ovunque in Italia e nel mondo. Non si contano i progetti di attentati ai suoi danni, rivelati dai pentiti o sventati grazie al sequestro di arsenali mafiosi.
L’ultima indagine calabrese di Gratteri è quella che ha portato, pochi giorni fa, a ricostruire l’omicidio di Maria Chindamo, imprenditrice di 42 anni, uccisa e data in pasto ai maiali come punizione ‘ndranghetista per aver pubblicato su facebook un paio di foto con il nuovo compagno. «Non le è stata perdonata la libertà di essere donna», ha commentato Gratteri.
Nel corso di un’audizione in commissione parlamentare antimafia nel 2020, Gratteri ha detto: «Io sono innamorato di questo lavoro, sono un tossicodipendente da questo lavoro. Ma se non pensassi che possiamo cambiare, farei un altro lavoro. Sono un agricoltore infiltrato in magistratura, potrei fare quello. O l’intrattenitore».