Il carabiniere che ha salvato la neonata chiusa in auto: “Stava perdendo le forze, sono intervenuto”

Carabiniere
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“Ho faticato ad addormentarmi. Un po’ per l’adrenalina, un po’ perché avevo sentimenti contrastanti”. Uno di questi era la gioia per aver salvato una bimba di sei mesi, chiusa dentro l’auto arroventata sotto gli occhi della madre, finestrino chiuso, non un filo d’aria a rinfrescarla. E sono stati lunghi attimi di panico quelli trascorsi dalle 17.30 di domenica pomeriggio a Giussano, in provincia di Monza e Brianza.

Il maresciallo maggiore Antonio Mansolino, 48 anni, molisano di Termoli, comanda la locale stazione dei carabinieri dal 2012 e mai si era trovato in una situazione del genere. “Domenica notte, quando tutto era finito, rivedevo la scena – racconta – e mi chiedevo di nuovo: e se rompo il vetro e una scheggia ferisce la piccola? Non è meglio aspettare i soccorsi? Però, in un caso del genere, non ce la fai proprio ad aspettare. C’era anche un infermiere, vicino all’auto, vedeva la bimba che grondava sudore e chiudeva gli occhi. Mi ha detto: qui non possiamo aspettare, qui dobbiamo intervenire. E ho fatto quello che qualunque altro carabiniere avrebbe fatto. Anche perché io sono uno che interviene”.

E cioè sfondare il finestrino posteriore sinistro della Volkswagen Tiguan, il vetro più lontano dalla piccola che era già sistemata, con le cinture del seggiolino allacciate, sul sedile anteriore destro. “Ho spaccato – prosegue il maresciallo Mansolino – e ho allargato il varco con la mano, che infatti si è riempita di schegge e ora è fasciata. Ma la sicura, da quel lato non si apriva.

Sono entrato di testa, rovinando un po’ i pantaloni, fino ad arrivare alla chiave, che era inserita nel blocco accensione”. Bimba salva, madre finalmente sollevata. “L’avevo vista fuori dall’auto – spiega il comandante della stazione – con aria incerta e spaventata, guardava un po’ lo sportello e un po’ la strada. Ero fuori dal servizio ma avevo lavorato lo stesso in mattinata per un infortunio sul lavoro, e stavo tornando a casa. Ho chiesto se potevo essere d’aiuto e la signora è scoppiata a piangere. Era nel panico. Con la bambina in quello stato non c’era un momento da perdere”.

Il lieto fine è stato una liberazione per la donna, 39 anni. “È stata questione di sfortuna – la consola il maresciallo – aveva giocato tutto il pomeriggio con la bimba e stava caricando il passeggino nel bagagliaio, la distrazione con la chiave è una cosa che può capitare a chiunque, ma non l’aveva di certo abbandonata. In quel momento, per tenerla su, le ho dato il mio telefono e le ho detto di chiamare il marito, mentre io rompevo il vetro.

A sera mi hanno chiamato e hanno avuto parole di ringraziamento che terrò per me e difficilmente dimenticherò”. Anche i luoghi hanno nomi simbolici. La piazza è intitolata ad Attilio Lombardi, carabiniere ucciso in servizio nel 1974 da una banda di rapinatori durante un assalto in banca: cadde anche uno dei banditi, nello scontro a fuoco, al giovane militare arrivò una medaglia d’oro postuma. Il parchetto dove mamma e figlia avevano giocato porta il nome di Nicholas Green, ed è un altro cassetto di una tragica memoria che si apre: 7 anni aveva, il bimbo di San Francisco, ed era in vacanza con i genitori quando la sua auto, in viaggio verso Messina, venne mitragliata da una batteria di rapinatori calabresi.

Quanto a Mansolino, che ormai in Brianza – tra Besana, Lissone e Giussano – ha trascorso tutti i suoi trent’anni di servizio nell’Arma, e che era già stato nominato Cavaliere della Repubblica a fine 2018, il lavoro è già ripreso: “Ho tagli e fasciature, un tendine fa male, mi hanno dato tre giorni di prognosi ma sono già al lavoro. Non mi metto in malattia per certe cose”.

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