«Era minuta e tremava come una foglia. Ho capito che dovevo al più presto riscaldarla. Non avendo alternative l’ho stretta a me e ho cercato di trasmetterle calore con il mio corpo». Pare di vederla la scena. Lui, Mattia Ciaffoni, è una sorta di gigante buono con la divisa da carabiniere: 1,90 di altezza per 106 chili.
Lei è la ragazzina di 15 anni che sabato scorso ha tentato di togliersi la vita lanciandosi da un ponte sul torrente Savena, nel Bolognese, dopo aver mandato un ultimo messaggio a un’amica: «La faccio finita».
Rifiuta da subito l’etichetta di eroe, ma indugia su quei 10 minuti in cui è rimasto da solo tra le acque gelide del Savena con quello scricciolo di ragazza che quasi scompariva tra le sue braccia muscolose. «Piangeva, mi diceva “ho male ovunque: la gamba, la schiena, la testa”. Io cercavo di calmarla: “È passato. Non pensare a niente, andrà tutto bene”. In realtà quei 10 minuti mi sono sembrati 10 ore». Il tempo necessario perché arrivasse il 118 con una barella speciale.
«Stava per perdere i sensi. Aveva una grossa ferita alla gamba che sanguinava molto. Avevo paura di farle fare qualche movimento che le sarebbe stato fatale: ho deciso di nuotare quel poco per raggiungere uno spuntone di roccia.
Lì siamo rimasti abbracciati e quando è arrivata la barella, con l’aiuto del collega, l’appuntato Francesco Cruciani (anche lui del nucleo radiomobile di Bologna, ndr), abbiamo fatto una catena umana e l’abbiamo portata fuori».
A quel punto la ragazzina ha perso i sensi e i sanitari hanno dovuto intubarla. Un momento di mancamento anche per Ciaffoni: «Mi ero tuffato con tutta la divisa e per la fatica mi è scoppiato un terribile mal di testa. Nulla di grave».
Un intervento il suo che, a detta degli stessi medici, ha salvato la vita alla ragazzina: «Pochi minuti ancora e sarebbe andata in ipotermia». Ma in questa vicenda è stato tutto provvidenziale. Sin dall’inizio. L’ultimo messaggio inviato all’amica è stato immediatamente girato al padre della ragazza che, grazie alla geolocalizzazione del cellulare, è riuscito a individuare il punto esatto dove aveva abbandonato lo zaino prima di lanciarsi nel torrente.
«Quando siamo arrivati sul posto — ricorda Ciaffoni — c’era questo signore con lo zaino della figlia in mano, disperato. Urlava: “Si è buttata, si è buttata”, ma dal ponte non si vedeva nulla. I minuti scorrevano e stava per perdere le speranze. A quel punto ho pensato di prendere una stradella che costeggia il torrente e da lì ad un tratto ho visto affiorare la testa della ragazzina. Mi sono tuffato ed ho nuotato per circa 30 metri».
Snocciola ogni dettaglio e a un tratto si commuove. «Mentre la caricavano in ambulanza e io ero ancora bagnato fradicio, mi sono venuti incontro i genitori e mi hanno abbracciato piangendo e ringraziandomi. Ho pensato: questo vale più di cento medaglie». La 15enne è ancora in ospedale, ma si sta riprendendo. «Appena sarà possibile — dice — passerò da lei per darle un bacio in fronte». corriere.it