Gli trema la voce, segno che l’emozione è ancora forte. «In sedici anni di servizio una cosa simile non m’era mai capitata», racconta Alberto Marino, il vicebrigadiere dell’Arma che, ieri, insieme a un collega e agli operatori del 118, ha soccorso un neonato abbandonato dentro un sacchetto della spesa nelle campagne di Paceco, nel trapanese.
Come sta il bambino?
«Sta bene. Per precauzione è ancora in Terapia Intensiva nel reparto di Neonatologia, ma sta bene. È un bambino forte, attaccato alla vita. È salvo solo perché ha strillato e pianto con quanto fiato aveva, attirando l’attenzione di un contadino che passava per andare al lavoro. L’hanno lasciato a terra, sotto al sole, con il cordone ombelicale ancora attaccato. Eppure è fuori pericolo. È un lottatore».
È andato a trovarlo?
«Ancora no, l’ho lasciato in ospedale, ieri, a malincuore ma in ottime mani, spero di poter andare al più presto e portargli dei vestitini, dei giochi, anche se ancora forse è troppo piccolo per i giocattoli. Mi hanno detto che pesa tre chili ed è lungo 50 centimetri, è bellissimo».
Chi via ha avvertito?
«Io e il mio collega, l’appuntato Leonardo Tumbarello, siamo stati avvisati dalla centrale operativa che aveva ricevuto la segnalazione del ritrovamento del bimbo dal contadino che gli ha salvato la vita. Erano le 17,30. Siamo corsi in ospedale subito e abbiamo predisposto l’accoglienza del neonato allertando il pronto soccorso e la Neonatologia e liberando l’ambulatorio dagli altri pazienti perché il bimbo ricevesse subito tutte le cure.
Poi siamo corsi sul posto dove già era intervenuto il 118. Il piccolo era in ambulanza e lo abbiamo scortato in ospedale. Era stato avvolto dagli infermieri in una termocoperta e credo avesse i segni di piccole ustioni per l’esposizione al sole. Da quanto i medici hanno appurato è stato lasciato subito dopo la nascita ed è rimasto nella busta di plastica otto-nove ore. Per fortuna il sacchetto in cui l’avevano messo era aperto e ha potuto respirare».
L’ha preso in braccio?
«No perché non c’era tempo da perdere. L’abbiamo dato ai medici che se ne sono presi cura, ma fino alla sera non l’ho mai lasciato. Quando sono tornato a cena ho raccontato tutto ai miei tre figli che hanno 4, 6 e 10 anni. Mi hanno chiesto quando lo portiamo a casa con noi, lo vorrebbero.
Pensa a un quarto figlio?
«Magari, ne sarei felice. Non nego che avrei qualche problema organizzativo visto che mia moglie lavora e dovrei chiedere aiuto a mia madre o ai miei suoceri, ma mi farebbe piacere. Vediamo cosa decideranno per lui. Ho promesso ai bambini che appena sarà possibile li porterò in ospedale a trovarlo».
Che esperienza è stata per lei?
«Una esperienza indescrivibile. Sono nell’Arma dal 2006, ho lavorato al Nord, poi nel palermitano. Ora sono al Nucleo Operativo Radiomobile, ma mai ho provato una emozione così intensa».
A l piccolo è stato dato il suo nome…
«Con la dottoressa che l’ha visitato per prima si è deciso di chiamarlo innanzitutto Francesco, visto che ieri era la festa del Santo di Assisi, poi Alberto come me. Mi fa davvero piacere».
Che pensa di chi ha abbandonato il bambino sapendo che era condannato a morte quasi certa?
«Io non voglio giudicare perché non so cosa ci sia dietro. Ognuno ha una storia e non sappiamo cosa abbia spinto la madre a un gesto simile. Di certo al giorno d’oggi ci sono mille modi per affrontare una maternità non voluta senza mettere a rischio i figli. C’è La Ruota, c’è la possibilità di partorire in anonimato».
La campagna in cui Francesco Alberto è stato trovato è molto isolata… Probabilmente chi l’ha abbandonato è della zona.
«Sì è una zona isolata, ma non faccio ipotesi su cosa sia accaduto e su chi sia responsabile di un comportamento tanto grave. C’è una inchiesta in corso per abbandono di minori. I colleghi ci stanno lavorando. So che è stato un miracolo che il contadino si trovasse a passare di lì. Nella tragedia il bimbo è stato fortunato».
Cosa augura per lui?
« Spero che viva circondato da tutto l’amore che merita. E mi auguro che faccia il carabiniere. Ha la forza d’animo e il coraggio che servono».
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