Condannato a 8 anni di reclusione Mohamed Abidi, il tunisino di 33 anni ritenuto responsabile dell’omicidio del caporalmaggiore dell’ Esercito Italiano Danilo Salvatore Lucente Pipitone, ucciso a Roma dopo un’aggressione nella notte tra il 10 e l’11 febbraio scorso. Nel procedimento con rito abbreviato il Gup di Roma ha accolto la richiesta del pm capitolino Gennaro Varone nei confronti dell’uomo, accusato di omicidio preterintenzionale.
Abidi, che ha precedenti per rapina, era stato fermato in Francia alcuni giorni dopo l’omicidio e riconsegnato all’Italia su mandato di arresto europeo chiesto dai magistrati della Procura di Roma. A individuare il 33enne, oggi in aula per la sentenza, era stata la squadra mobile.
I magistrati della procura di Roma avevano poi chiesto il mandato di arresto europeo, con l’accusa di omicidio preterintenzionale, che ha consentito l’arresto e la richiesta di consegna in Italia dell’indagato.
Il caporal maggiore Pipitone picchiato a morte
Pipitone lavorava come infermiere all’ospedale militare del Celio. Era stato aggredito in piena notte e abbandonato in strada, privo di sensi, nella zona di Centocelle. Ad allertare il 118 erano stati alcuni passanti. Il corpo del militare era stato ritrovato a terra. Pipitone era ferito al volto, con un grosso taglio sul sopracciglio e i segni di un forte colpo alla nuca. È probabile che sia stato colpito al volto e poi si sia ferito al capo cadendo a terra. Soccorso era stato portato al Policlinico Umberto I dove è morto alcune ore dopo il ricovero.
Chi è Mohamed Abidi, sospettato di avere ucciso Pipitone
Alcune testimonianze e l’analisi delle telecamere della zona dove è avvenuto il pestaggio hanno fatto stringere il cerchi attorno al tunisino. Abidi era arrivato in Italia con il sogno di diventare calciatore, ma la sua carriera è stata stroncata sul nascere per via dei documenti non regolari.
Da qui una vita vissuta di espedienti e i guai con la legge. Prima un’accusa di violenza sessuale e rapina alle prostitute in zona San Giovanni, a Roma, nel 2015 (da cui è stato assolto), poi i guai per droga e ricettazione che lo hanno portato in carcere. La detenzione è durata fino al 2018. Quindi la serie di alias e ora l’accusa di aver ucciso un militare dell’esercito. Oggi per il tunisino è arrivata la condanna.